"El Abrazo" di Juan Genovés.

Come tornare europei

EncuentroMadrid, una tre giorni spagnola di incontri, esposizioni e molto altro, aprirà venerdì la sua tredicesima edizione. "Europa: un nuovo inizio" non è solo il titolo, ma una grande speranza di andare oltre «una prosperità senza grandezza»
Fernando de Haro

Europa: un nuovo inizio. Questo è il titolo della nuova edizione di EncuentroMadrid che persone di Comunione e Liberazione organizzano nella capitale spagnola questa settimana. Associare l'espressione "nuovo inizio" all'Europa vuole dire quanto meno indicare che l'inerzia della tradizione istituzionale, culturale e persino politica del Vecchio continente non è più sufficiente. Non so se gli organizzatori ne erano coscienti, ma scegliendo un tema in cui si parla della necessità di un nuovo inizio si sono allontanati da una sensibilità molto diffusa: quella che, in modo cosciente o incosciente, pensa all'Europa come una specie di rifugio di benessere e civiltà. Una sorta di Grande Svizzera, il migliore dei mondi possibili, in mezzo a mercati globali, grandi flussi di rifugiati e terze guerre mondiali a capitoli.

Buona parte degli ultimi rigurgiti di nazionalismo e populismo sono una forma di protesta perché l'Europa non ha saputo restare ai margini della storia. Sembrano indicare come una virtù il difetto denunciato con precisione pungente da Octavio Paz nel 1983. Vorrebbero che il Vecchio Mondo «si ripiegasse su se stesso e dedicasse le sue grandi energie a creare una prosperità senza limiti e a coltivare un edonismo senza passione, né rischi». Questo obiettivo è semplicemente irrealizzabile. È comparso un mondo post-europeo che è fuori e dentro l'Europa.

All'inizio del XX secolo la popolazione europea era superiore al 25% di quella mondiale, mentre ora è solo l'8%. Il Pil della Cina, misurato in potere d'acquisto, ha superato quello degli Stati Uniti. Negli anni '90 l'Europa vinceva il 72% delle votazioni nelle Nazioni Unite, mentre adesso la Cina vince nel 74% dei casi e l'Europa nel 50%. Il centro di gravità del mondo, in termini politici, militari ed economici, si è spostato verso l'Asia e l'Oceano Pacifico.

Gli ottimisti sottolineano che il mondo post-europeo è molto più europeo di quanto si pensi. Ne sarebbe prova il fatto che le nostre grandi conquiste - il mercato, la democrazia basata su alcuni principi, la razionalità scientifica figlia della secolarizzazione e della tecnica - sono diventate tratti distintivi mondiali in questo XXI secolo. Questo occidentalismo, costruito con grandi dosi di ingenuità, sostiene che lo Spirito nel suo cammino ascendente sulla scala della storia ha consolidato e reso universali i valori dell'illuminismo. Tutti i dati fuori e dentro il Vecchio continente sembrano però dire il contrario. La disuguaglianza minaccia l'efficacia del mercato. La democrazia è messa in discussione. La ragione, chiusa in un bunker da secoli, ha sempre meno fiducia in se stessa.


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