il quarto incontro del ciclo "Milano e la sua sfida".

Una civitas ancora vitale

A un mese dalle elezioni amministrative, il quarto incontro organizzato da Cmc, Fondazione per la Sussidiarietà e CdO. Un "check up" completo di una città che, malgrado le difficoltà, «sta già dando segni evidenti di ripresa»
Gianluigi Da Rold

Milano non è uscita dalla crisi, come alcuni tendono a credere, con un certo e facile entusiasmo. Ma non riconoscere che in questi anni di recessione e di complessiva insicurezza, Milano abbia tenuto il suo ruolo e, nello stesso tempo, abbia cercato una strada di rilancio, sarebbe altrettanto sbagliato. E altrettanto errato sarebbe non vedere i segni della possibilità di un nuovo protagonismo della città.

Il quarto dibattito su "Milano e la sua sfida", organizzato dal Centro Culturale di Milano, dalla Compagnia delle Opere milanese e dalla Fondazione per la Sussidiarietà, e dal titolo "Città da abitare", si è tenuto ieri sera nella sala di via Sant'Antonio, mettendo a fuoco i problemi urbanistici del capoluogo lombardo. Uno scambio vivace, anche polemico in alcuni momenti, tra Marco Dettori, presidente di Assimpredil Ance, Claudio De Albertis, presidente della Triennale, Alessandro Maggioni, presidente di Federabitazione e due ex assessori all'Urbanistica, Ada Lucia De Cesaris e Carlo Masseroli. A dirigere il confronto, Guido Bardelli, presidente della CdO-Milano.

La sostanza positiva di questo confronto è che si è fatto quasi un check up completo della realtà di Milano. Le criticità, i problemi urgenti, le necessità sono state elencate con puntualità, anche con precisione. Le scelte saranno inevitabilmente compito dell'amministrazione futura, ma con punti fermi, già rispettati in questi anni, che fanno di Milano un'unicità della realtà italiana.

Alessandro Maggioni, che vive nel mondo delle cooperative, ha precisato: «A Milano c'è ancora una civitas, non mi piace il termine società civile. Una civitas che è sostanzialmente sana e che ha principi virtuosi». Guardando già in prospettiva, Ada Lucia De Cesaris ha sottolineato: «Non si può parlare di Milano se non nella sua dimensione metropolitana, che non riguarda tanto i confini, ma il suo sviluppo e la costruzione delle sue reti».

L'equilibrio che ancora si è mantenuto tra l'intervento pubblico e l'iniziativa privata, in vari settori della vita economica e sociale, è, ad esempio, una realtà che a Milano non è mancata in questo lungo periodo di crisi. Dopo l'ultimo anno, l'indubbio successo di immagine di Expo, il rinnovamento urbanistico già operato in questi anni, prima ideato, poi gestito e infine realizzato, hanno collocato Milano di nuovo in relazione e positiva competizione con le grandi capitali del mondo occidentale, dell'Europa e di altre zone del mondo. Ma, anche in questo caso, si è visto un intreccio virtuoso di sinergia positiva tra pubblico e privato.

Se oggi il problema italiano, nel suo complesso, è la scarsa attrattività degli investimenti, Milano è in fondo la migliore chance di un esempio in controtendenza. Prendiamo pure in considerazione l'Expo, ma non dimentichiamoci di realtà come il Salone del mobile e le varie giornate della moda, che mostrano ancora una città vivace, visitata da centinaia di migliaia di persone che arrivano da tutto il mondo. La città dimostra una volontà di ripresa che sfida tutte le ricette deflazionistiche dettate dall'alto delle autorità nazionali e sovranazionali. Ancora, Milano è una città dove ricerca, cultura e strutture universitarie rappresentano da sempre un punto di riferimento importante e costituiscono una meta ambita per molti giovani italiani e non solo.

Di fronte a una città che è ancora vitale, che sta dando segni evidenti di ripresa, c'è una realtà che va arricchita e rinnovata con equilibrio. Lo scopo è rendere vivibile e abitabile Milano come una città dove la funzionalità dei trasporti non diventi una "macchina" perversa di inquinamento e di un traffico insopportabile. Terminata la crisi, Milano non può ritornare a essere un banco di prova per "costruzioni" (come pure qualcuno sembra rimpiangere) e neppure può diventare l'esperimento di "rottamazione" di vecchi edifici.

Accanto a una rete di metropolitane, già funzionanti, ma ancora in espansione e già progettate, il capoluogo può dotarsi di un sistema di trasporto che la collegherebbe facilmente all'interno di un'area metropolitana tutta da lasciare crescere, senza fissarne aprioristicamente i confini. Una città che mantenesse questa vivacità e imboccasse finalmente la strada di un autentico rilancio economico risolverebbe, probabilmente, anche i problemi del suo invecchiamento e della possibilità di ospitalità a chi sfugge alle guerre e alla povertà, potrebbe cioè affrontare con efficienza i problemi di immigrazione che caratterizzeranno i prossimi anni.

Il check up fatto dagli urbanisti ieri sera è in fondo servito per immaginare una diagnosi che può far ritornare Milano protagonista assoluta.

Senza facili entusiasmi, questa città può veramente affrontare la sfida della ripresa. In fondo, l'eterna sfida di un luogo che, nella sua storia, non si è mai arreso alla condanna di una recessione cronica e a un destino di seconda fila.