«Perché chi va bene, va bene?»

Il panorama dell'imprenditoria italiana e una ricerca per capire le ragioni della sua eterogeneità. Tutto nell'ultimo "Rapporto" della Fondazione per la Sussidiarietà, che sarà presentato mercoledì 11 maggio
Paolo Perego

Alla fine è questione di curiosità, di entrare nel merito delle cose, di scavare in ciò che si ha davanti per capire meglio di cosa si tratta. E di metterlo alla prova per vedere se c’è dell’altro. Quanto di più umano ci sia.

Sarà semplicistico, ma sta tutta qui la dinamica sottesa anche all’ultimo “Rapporto” della Fondazione per la Sussidiarietà, redatto in collaborazione con l’Università di Bergamo, con a tema “le politiche industriali”. A presentare il lavoro, mercoledì 11 maggio 2016, a Milano, nel salone del Centro Congressi della Fondazione Cariplo, Sergio Mariotti, professore ordinario di Economia al Politecnico di Milano, Roberto Snaidero, presidente FederlegnoArredo, Alberto Sportoletti, Retemanager, e Giuseppe Tripoli, segretario generale Unioncamere, con Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera, a moderare, Giorgio Vittadini a introdurre e il presidente Cdo, Bernhard Scholz, a “tirare” le conclusioni della serata. In mezzo, il protagonista: il “Rapporto”, appunto, che prenderà carne nelle parole di Paola Garrone, ordinario di Business and Industrial Economics al Politecnico di Milano.

«Nasce tutto dall’osservazione di un fatto», spiega la Garrone: «Guardando il panorama imprenditoriale italiano dal 2009 a oggi, l’incredibile varietà in termini di risultati, presenza, internazionalizzazione, sia tra settori sia tra aziende dello stesso ambito, non può essere letta con i classici indicatori che il dibattito pubblico tende a utilizzare». Riduttivo insomma, parlare di imprese in termini generici: «Dopo la crisi, diciamo dal 2009, il panorama dell’imprenditoria italiana ha iniziato a mostrare una grandissima eterogeneità in termini di risultati e presenza, ovvero, capacità di innovare, internazionalizzarsi e così via». Insomma, i soliti schemi tagliano fuori molte differenze. E non basta dire che le Pmi sono in uno stato generale di difficoltà: in mezzo c’è chi ha resistito all’onda d’urto della crisi. E bene. «Per questo la domanda che ci siamo fatti è stata: “Cosa può spiegare questa varietà e perché, chi va bene, va bene, anche a parità di condizioni come settore, zona, mercato?”», continua la professoressa.

Solo che non basta neppure attribuire a un fattore umano astratto, a una capacità imprenditoriale generica, le ragioni del successo. «Partendo da precedenti studi, abbiamo provato a valutare alcuni aspetti del carattere e delle motivazioni di padroni e top manager di varie aziende». Quattro i settori studiati nel quadro del made in Italy, abbigliamento-tessile, agroalimentare-ortofrutta, macchine utensili, legno-arredo, per un totale di 380 interviste. Risultati? «È emerso che alcune caratteristiche della personalità dei singoli, come la tendenza alla cooperazione con lavoratori, clienti e fornitori, piuttosto che una certa responsabilità misurata in relazione a una determinata visione dell’azienda, erano correlate a migliori risultati». Di contro, l’essere preda di suggestioni esterne, «quello che noi abbiamo chiamato omologazione, come per esempio il dire “lo faccio per tradizione o per riconoscimento sociale”, è una qualità che più volte si trova associata al fondo classifica».

Insomma, se l’azienda va bene dipende anche dal carattere e dalla personalità di chi la guida. «Sono studi che andrebbero approfonditi ancora di più», spiega la Garrone. Ma intanto il dato è che al cuore di un buon risultato tanta parte la fa, ancora una volta, la persona con la sua educazione, i suoi valori, le sue relazioni. «Insomma, non ci sono ricette che funzionano a prescindere da questo». Un invito, per chi progetta o fa politiche industriali, a rimettere il naso per bene in ambiti educativi, dalla scuola alla formazione professionale. Fino alle associazioni o alle reti di impresa, con il loro sostegno a chi nella vita, tra crisi, fatica e impegno, porta avanti un’azienda.