Proteste in Brasile.

Essere cittadini fedeli è una virtù. Diventare popolo è qualcosa di più grande

Alcuni brani dell'Esortazione Apostolica "Evangelii Gaudium" aiutano a capire e giudicare la situazione del Paese sudamericano. E non solo. Un articolo da "Zenit.org" del responsabile della comunità di CL brasiliana
Marco Montrasi

In questo momento drammatico, di grande confusione dove non si riesce ad identificare una via d'uscita per risolvere la gravissima crisi politica e istituzionale che il nostro Paese sta vivendo e che inevitabilmente aggrava una crisi economica sempre più profonda, è facile sorprendersi carichi di preoccupazione, rabbia, disillusione, cercando qualcuno o qualcosa a cui dare la colpa. Ci si sorprende a ricercare tante strade per trovare un po' di pace e serenità.

La mancanza di lavoro, l'inflazione in crescita, la mancanza di prospettive a breve termine per uscire da questa congiuntura economica negativa giustamente ci preoccupano molto e tutti dobbiamo cercare misure per vivere dando pace e stabilità alle nostre famiglie.

Tuttavia, guardando a quello che sta accadendo non solo in Brasile, siamo sollecitati ad allargare l'orizzonte. La crisi economica è un fenomeno globale che tocca moltissimi Paesi e il terrorismo, in particolare quello perpetrato dal fondamentalismo islamico, sta scuotendo il mondo generando angoscia e paura.

Stiamo vivendo un momento storico dove ciò che è in crisi è l’umano.

L'effetto più devastante di questa crisi non è nelle nostre tasche o nel nostro conto in banca, chiaramente dobbiamo affrontarne le conseguenze, ma l’effetto principale è sul nostro io. Perché quando si perde la coscienza di chi si è, il nulla avanza e con lui la paura.

Dobbiamo stare attenti perché questa situazione può farci facilmente perdere di vista l'origine del problema, che in ultima istanza è la perdita della coscienza dell'io e quindi del noi.

Sempre dove c'è uno sguardo attento all’uomo, in tutti i suoi aspetti, al di là delle necessità fondamentali come il lavoro, il cibo e la salute, ci sarà sempre una preoccupazione costante a educare. Che non è solo trasmettere nozioni ma aiutare a prendere coscienza della realtà nella sua totalità. Oggi come in qualsiasi momento della storia abbiamo bisogno di riprendere coscienza di quel punto della realtà che sono io. Cos’è l’io, la persona e quindi cosa siamo noi. Cos’è un popolo.

Senza coscienza di cosa è l’io non esiste un popolo, e senza coscienza di cosa è un popolo non ci sarà un vero amore al bene comune. Senza amore al bene comune, quindi, non esiste politica ma solo calcolo in cerca di consenso per avere spazi di potere e un benessere personale o di gruppo.

C'è un influsso che tenta sempre di impedire questa ripresa di coscienza che sempre deve accadere come novità, come un processo mai concluso.

Questo influsso esterno, questo "mondo", che cos'è? È ciò che Pasolini chiamava il potere, che non rimane esterno a noi ma al contrario ci penetra cosi profondamente che diventiamo estranei a noi stessi. Ed ecco come il potere agisce sull'io: «La mentalità comune, creata dai mass-media e da tutta la trama di strumenti che ha il potere - che vanno sempre più ispessendosi, tanto da fare dire a Giovanni Paolo II che il pericolo dell’epoca che stiamo attraversando è l'abolizione dell'uomo da parte del potere -, altera il senso di se stessi, il sentimento di sé, più precisamente, atrofizza il senso religioso, atrofizza il cuore, meglio ancora, lo anestetizza totalmente (un'anestesia che può diventare coma, ma è un'anestesia)» (L. Giussani, L'io rinasce in un incontro).

In questa situazione la Chiesa è esempio di attenzione a questa caratteristica peculiare e unica dell'uomo: il proprio io, la dignità della persona. La Chiesa come testimonianza di vita.

Come contributo per aiutare a riprendere coscienza di chi siamo e di cosa abbiamo bisogno, riproponiamo questi punti della Evangelii Gaudium:

221. Per avanzare in questa costruzione di un popolo in pace, giustizia e fraternità, vi sono quattro principi relazionati a tensioni bipolari proprie di ogni realtà sociale. (...) Desidero ora proporre questi quattro principi che orientano specificamente lo sviluppo della convivenza sociale e la costruzione di un popolo in cui le differenze si armonizzino all’interno di un progetto comune.

Il tempo è superiore allo spazio

223. Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. (...) Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell'attività sociopolitica è di privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e autoaffermazione. (...) Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce.

224. A volte mi domando chi sono quelli che nel mondo attuale si preoccupano realmente di dar vita a processi che costruiscano un popolo, più che ottenere risultati immediati che producano una rendita politica facile, rapida ed effimera, ma che non costruiscono la pienezza umana.

L’unità prevale sul conflitto

226. Il conflitto non può essere ignorato o dissimulato. Dev’essere accettato. Ma se rimaniamo intrappolati in esso, perdiamo la prospettiva, gli orizzonti si limitano e la realtà stessa resta frammentata. Quando ci fermiamo nella congiuntura conflittuale, perdiamo il senso dell’unità profonda della realtà.

227. Di fronte al conflitto, alcuni semplicemente lo guardano e vanno avanti come se nulla fosse, se ne lavano le mani per poter continuare con la loro vita. Altri entrano nel conflitto in modo tale che ne rimangono prigionieri, perdono l’orizzonte, proiettano sulle istituzioni le proprie confusioni e insoddisfazioni e così l’unità diventa impossibile. Vi è però un terzo modo, il più adeguato, di porsi di fronte al conflitto. È accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo.

La realtà è più importante dell’idea

231. Esiste anche una tensione bipolare tra l’idea e la realtà. La realtà semplicemente è, l’idea si elabora. Tra le due si deve instaurare un dialogo costante, evitando che l’idea finisca per separarsi dalla realtà. È pericoloso vivere nel regno della sola parola, dell’immagine, del sofisma. Da qui si desume che occorre postulare un terzo principio: la realtà è superiore all’idea.

232. L’idea - le elaborazioni concettuali - è in funzione del cogliere, comprendere e dirigere la realtà. L’idea staccata dalla realtà origina idealismi e nominalismi inefficaci, che al massimo classificano o definiscono, ma non coinvolgono. Ciò che coinvolge è la realtà illuminata dal ragionamento.

Il tutto è superiore alla parte


234. Anche tra la globalizzazione e la localizzazione si produce una tensione. Bisogna prestare attenzione alla dimensione globale per non cadere in una meschinità quotidiana. Al tempo stesso, non è opportuno perdere di vista ciò che è locale, che ci fa camminare con i piedi per terra.

235. È necessario affondare le radici nella terra fertile e nella storia del proprio luogo, che è un dono di Dio. Si lavora nel piccolo, con ciò che è vicino, però con una prospettiva più ampia. Allo stesso modo, una persona che conserva la sua personale peculiarità e non nasconde la sua identità, quando si integra cordialmente in una comunità, non si annulla ma riceve sempre nuovi stimoli per il proprio sviluppo.


Questo nostro momento drammatico e di grande confusione è l’opportunità per farci qualche domanda prendendo seriamente il grido che abbiamo nel cuore. Il punto di vista della fede fornisce un’intelligenza sulla realtà e un movimento positivo di fronte a tutto. Per questo i problemi e le difficoltà sono opportunità e non ostacoli per il cammino del mio io non ridotto nelle sue necessità fondamentali.