Adriano Celentano.

Celentano e il Paradiso quaggiù

In tanti hanno criticato, giustamente, il cantautore italiano. Per le sue esaltazioni immotivate o per le ostentazioni di onnipotenza. Dietro i suoi giudizi e le sue sparate che concezione della vita si nasconde?
Roberto Fontolan

Oggi lo sport nazionale è dare addosso a Celentano. Obiettivamente non mancano le ragioni: una platea pazzesca regalata a un discorso costosissimo e insensatissimo. Attacchi gratuiti a l'Avvenire, esaltazioni immotivate, insulto personale ad Aldo Grasso, ostentazione di onnipotenza, paurose voragini logiche. I comprimari dell’esibizione sono stati ancor più tragicomici, con la macchietta di Morandi costretto a sparare sulla Corte Costituzionale per la storia del referendum, con parole talmente superficiali e ignoranti che ci si domanda perché non tornare ai bei tempi della censura radiotelevisiva preventiva.
Viene voglia di non prendere sul serio la prima serata di Sanremo, ma c’è qualcosa di molto importante nel “discorso” di Celentano, qualcosa che colpisce e ferisce e non può essere allegramente trascurato. «Ma che vita è questa qua? Lo spread, l’economia, le guerre… E che la vita è uno scherzo basta guardare cosa succede nel mondo… Ma questa di vita è soltanto la prima, una fermata…». È la sua concezione della vita a provocare dolore, quel suo dire uè ragazzi, gente, mondo, guardate che la vita fa schifo! Nella testa di Celentano, forse anche nella sua esperienza esistenziale, non c’è un bene reale, concreto, odierno. Una convinzione forte e penetrante, altro che deliri e vaneggiamenti, perché il pensiero che la vita possa essere soltanto un miserabile scherzo non è estraneo ad alcun essere umano. Essa dà il nome, e che nome, a quell’oscuro malessere che sorveglia in agguato le nostre esistenze. Il malessere per il quale «per poco il cor non si spaura»...

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