Ragazzi all'opera.

Formazione professionale, perché nessuno si perda

Una raccolta firme lanciata da CdO, Salesiani e Acli per promuovere percorsi educativi che introducono al lavoro. Una campagna «non per difendere il nostro orticello. Ma per continuare a sostenere davvero il futuro dei giovani»
Paolo Perego

È come un muro. Tanti mattoni, uno sopra l’altro, e piano piano viene su. Guai a lasciare buchi, o a usare mattoni scadenti. Crollerebbe tutto. Il muro, nel caso, è quello che oggi serve per rimettere in piedi il Paese, sempre più pericolante per le scosse di tante crisi - economica, culturale, politica... - che lo stanno minando fin nelle fondamenta. Sono tanti i mattoni che devono andare a comporlo. Uno, di certo, è il documento che verrà presentato mercoledì prossimo, 13 novembre, a Roma e che riguarda l’Istruzione e la formazione professionale (IeFP). Dieci punti di lavoro sotto la voce “Perché nessuno si perda”. Le firme in calce sono quelle di chi, in questo ambito, ci lavora anche da quasi due secoli: Salesiani Don Bosco, Acli e Compagnia delle Opere. «Il decreto sulla scuola che ha trovato il primo sì alla camera, la legge di stabilità, l’introduzione dei tirocini in azienda, nessun taglio dopo tanti anni... Sono passi. Eppure non bastano», spiega Dario Odifreddi di CdO, presidente del Consorzio Scuole Lavoro e da anni impegnato in una realtà formativa torinese: «Serve una strada chiara da percorrere, serve che si mettano a tema per bene i nodi da sciogliere. E uno di questi è la formazione professionale». E che lo sia, un nodo cruciale, è indiscutibile. Dati alla mano: le domande di iscrizione per questo tipo di percorsi educativi sono passate da 23mila a oltre 280mila negli ultimi dieci anni, contro una capacità di assorbimento delle strutture accreditate dalle regioni inferiore alla metà delle richieste.

Ma di cosa parliamo quando parliamo di “istruzione e formazione professionale”? «Percorsi educativi a pieno titolo, riconosciuti a livello regionale, tre anni di lezioni frontali e sul campo, dove mettendo le mani in pasta si può imparare una professione. Estetista, pasticcere, meccanico». Funzionano? Ancora mano ai dati. Il 70% dei diplomati trova lavoro entro un anno dalla qualifica, l’85% dopo due, e due terzi trovano impiego nel campo in cui si sono formati. «E questo a fronte di oltre un milione di giovani disoccupati in più negli ultimi 5 anni». Ma non solo. Queste proposte educative rappresentano un valido strumento di lotta all’abbandono scolastico, con oltre il 50% degli iscritti recuperati dal fallimento in altri percorsi tradizionali.

«Guardare la realtà. Osservare l’evoluzione dei fenomeni, imparare dall’esperienza», recita la definizione del metodo che sta alla base di queste opere educative. La stessa ratio che muove il documento che è già stato consegnato nelle mani dei ministri Maria Chiara Carrozza (Miur), Enrico Giovannini (Lavoro e Politiche sociali) e Cécilie Kyenge (integrazione e politiche giovanili). Una collaborazione, meglio, una condivisione di esperienza e preoccupazione, quella tra Salesiani Acli e Cdo, che intende far partire una campagna di sensibilizzazione nazionale attraverso una raccolta firme a tutto campo, dagli imprenditori alle organizzazioni sindacali, ai politici, fino ai genitori. «È un invito proposto a tutti, perché i dieci punti del documento sono innanzitutto proposte di buon senso, che interessano chiunque», spiega ancora Odifreddi.

L’esigenza che ci sia una reale libertà di scelta nell’offerta formativa, cosa che oggi non accade dal momento che solo in otto regioni italiane sono presenti e riconosciuti gli istituti IeFP. La lotta alla dispersione scolastica, «una piaga che tanto male fa al Paese», che può essere contrastata anche dando credito all’esperienza di realtà, in tanti casi storiche (basta pensare all’opera di don Bosco), che possono mettere sul piatto la loro storia come risposta concreta al problema; oppure, la possibilità che strumenti come l’apprendistato funzionino bene «e non la mera applicazione di metodi mutuati da Paesi esteri, per esempio la Germania, che hanno ben altre economie e sistemi industriali». Un obiettivo che un sistema di formazione al lavoro ben strutturato potrebbe tranquillamente raggiungere, favorendo anche la mobilità non solo occupazionale ma anche geografica; ancora, il tema della formazione continua, fino alla fine del percorso lavorativo. Sono solo alcuni, questi, tra punti chiave, dell’appello. «Sono cardini, che con la nostra proposta ci sentiamo di raccomandare come imprescindibili. Perché lo vediamo con i nostri occhi tutti i giorni. Non per difendere il nostro orticello. Ma per continuare a sostenere per davvero il futuro dei giovani nel nostro Paese».

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