Giorgio Napolitano e Enrico Letta.

Finalmente la politica che fa politica

A due mesi dal voto, l'Italia sembra sulla buona strada. La rielezione di Napolitano ha segnato una svolta nel modo della politica. Non più un'ideologia, ma «un accordo tra persone appartenenti a schieramenti diversi disposte a lavorare insieme»
Giorgio Vittadini

Solo due mesi fa abbiamo affrontato la tornata elettorale in un clima di guerra civile tra schieramenti dominati da massimalismi e da furori ideologici. Nel muro contro muro, come si sa, tutti pretendono di comandare, ma nessuno vince e nessuno perde. Unico risultato: sono andati persi altri sessanta giorni di governo del Paese. Arrivano le elezioni del presidente della Repubblica e, dopo l’implosione del Pd, sabato 20 aprile accade una svolta epocale: finalmente la politica, cioè un accordo tra persone appartenenti a schieramenti diversi disposte a lavorare insieme per governare il Paese. I partiti di centro, centrosinistra e centrodestra si rivolgono a Napolitano ben sapendo che non troveranno una sponda utile ai loro giochi di potere.

Il presidente eletto, nel suo discorso d’insediamento, ricorda: «Parlando a Rimini a una grande assemblea di giovani nell'agosto 2011, volli rendere esplicito il filo ispiratore delle celebrazioni del 150° della nascita del nostro Stato unitario: l'impegno a trasmettere piena coscienza di "quel che l'Italia e gli italiani hanno mostrato di essere in periodi cruciali del loro passato", e delle "grandi riserve di risorse umane e morali, d'intelligenza e di lavoro di cui disponiamo". E aggiunse di aver voluto così suscitare orgoglio e fiducia "perché le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto"»...

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