Roberto Arditti.

Il mondo laico e i giovani del Meeting

Aveva sempre visto Cl come «una specie di mostro», trovandosi poi «costretto a cambiare radicalmente idea» dopo aver partecipato alla kermesse riminese. In un editoriale, il direttore de Il Tempo racconta la sua giornata in Fiera
Roberto Arditti

In questi giorni si fa un gran parlare di vescovi e cardinali, di Stato e Chiesa, di laici e cattolici. Se ne parla perché c’è una dura polemica in corso, quella sul direttore di Avvenire Dino Boffo, che sta scuotendo i mondi dell’informazione e della politica con grande violenza: noi stessi vi abbiamo preso parte criticando duramente i tanti (falsi) moralizzatori in circolazione.
C’è però un pericolo enorme, di cui noi giornalisti (ed anche i politici) rischiamo di non accorgerci: quello di combattere battaglie a nostro esclusivo uso e consumo, mentre invece fuori, fuori dal nostro piccolo e potente mondo, succedono cose di ben maggiore importanza ed effetto sulla vita della gente.
Mi induce a questa considerazione l’aver partecipato (per la prima volta in vita mia) al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, per un dibattito sui temi della comunicazione. Ci sono andato scettico per molte ragioni, a cominciare dalla mia antica avversione (nata e cresciuta negli anni studenteschi) al movimento di Cl, che noi (laici) abbiamo sempre considerato una specie di mostro pronto ad inglobare anime e coscienze per plasmarle ed utilizzarle a fini vari.
Una giornata trascorsa a Rimini mi ha costretto a cambiare radicalmente idea, di fronte ad un movimento «di base» ricco di forza e vitalità. Ho visto un’Italia bella e allegra, fatta di ragazze e ragazzi dalla faccia pulita, seria e curiosa.
Ho visto un movimento forte e serio, fatto di gente che crede in quello che fa e che lavora per fare qualcosa di utile per la collettività. Ho ascoltato le loro voci, scrutato i loro occhi nella sala della conferenza. Dico la verità: ne sono rimasto impressionato, positivamente impressionato.
Sono tornato con la mente alle mie battaglie universitarie, cercando con la memoria il senso delle nostre posizioni. Certo, la laicità della politica è un grande valore, la concorrenza aiuta (se regolata) la diffusione del benessere, la libertà dell’individuo è bene primario e prioritario. Però mi chiedo: il mondo laico di fine XX secolo cosa ha lasciato ai più giovani? Quale forza «utile» abbiamo saputo costruire?
Non trovo risposte convincenti a queste domande, mentre invece i ragazzi del Meeting sono liberi e forti (senza mitizzarli, per carità). Liberi di essere lì e non a s-ballarsi in discoteca, forti di un senso di comunità palpabile nell’aria.
Alle undici della sera torno al parcheggio per riprendere l’automobile. C’è una ragazza, seduta da sola su una piccola seggiola di plastica. Mi saluta sorridente e mi accompagna alla macchina. È addetta (volontaria) al parcheggio, capirai che privilegio. Sta lì, con la sua maglietta del Meeting, contenta di quello che fa. E sorride a una persona che incontra per pochi secondi.
La sera precedente ero a cena al Billionaire. Nessuno sorrideva come quella ragazza al parcheggio.
(da Il Tempo, 2 settembre 2009)