Una via del Cairo durante gli scontri.

Egitto: «Non è una guerra di religione»

Abdel Fattah, esponente dei Fratelli Musulmani e docente all’Università del Cairo, rilegge la strage di domenica: «Non uno scontro tra cristiani e musulmani, ma tra manifestanti ed esercito, frutto della difficile transizione del dopo Mubarak»
Pietro Vernizzi

“I morti di domenica al Cairo non sono stati provocati da un conflitto religioso tra cristiani e musulmani, ma tra alcuni manifestanti e l’esercito. Quello in corso nel nostro Paese non è quindi uno scontro di natura religiosa, bensì il frutto della difficile transizione che sta attraversando l’Egitto dopo Mubarak”. Ad affermarlo è Abdel Fattah, esponente di spicco dei Fratelli musulmani e professore di Letteratura italiana all’Università del Cairo. L’ex parlamentare egiziano, intervistato da ilsussidiario.net sugli scontri nel quartiere di Maspero, spiega che cosa ha portato all’uccisione di trentasei persone durante una manifestazione organizzata dai cristiani. Dialogando, e in parte trovandosi idealmente in linea, con l’analisi di padre Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica che sottolinea: «Quanto avvenuto domenica non lo considero il frutto di un problema tra cristiani e musulmani, bensì tra cristiani e militari. I comuni musulmani non c’entrano nulla con la strage avvenuta al Cairo».

Professor Fattah, come commenta la strage avvenuta domenica?
Di fronte a quanto è avvenuto dobbiamo essere saggi e soppesare ogni singola parola per evitare di gettare altra benzina sul fuoco che rischia di devastare il nostro Paese. Considero infatti quanto avvenuto domenica innanzitutto come una minaccia contro la mia patria. Ed è la prima volta che l’Egitto si trova di fronte a una minaccia così grave, perché quella varcata domenica è una linea rossa che non si doveva oltrepassare. Islamici e copti in questa fase devono mostrarsi più saggi che mai. Noi Fratelli musulmani stiamo parlando alla nostra gente per calmarla, convincendola che questa difficile fase transitoria passerà e che quindi dobbiamo essere all’altezza delle prove che ci attendono.

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