L'intervento di Mario Draghi.

Quando la politica respira

Nel Senese s’è tenuta la due giorni di convegno dell’Intergruppo parlamentare. Per mettere a tema i giovani e la crisi. E indicare «una strada per il bene comune». Il racconto di chi c’era
Paolo Perego

Il posto era lo stesso del 2010. L’abbazia di Spineto, a Sarteano, sulle colline che circondano Siena. Diverso il tema: se l’anno scorso si è parlato di famiglia, quest’anno, protagonista della due giorni di convegno dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà è stato il binomio “Giovani e crisi”. Un’altra tappa del percorso iniziato nel 2003 su iniziativa del vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi, insieme ad altri esponenti del mondo politico di tutti gli schieramenti, per «un luogo di dialogo tra le diverse parti sui temi più importanti per il Paese».
Per aprire i lavori, la sera del 6 ottobre davanti a una sessantina tra deputati e senatori, è stato messo a tema il discorso di Benedetto XVI al Bundestag, al centro di un dialogo tra il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, e Andrea Simoncini, costituzionalista dell’Università di Firenze. È toccato a Mario Draghi e Giorgio Vittadini calcare la scena del mattino successivo. «La bassa crescita dell’Italia degli ultimi anni è anche riflesso delle sempre più scarse opportunità offerte alle giovani generazioni». Non solo la crisi mondiale, dunque, secondo il Governatore della Banca d’Italia, prossima guida della Bce. Per questo «la priorità assoluta dell’Italia è oggi uscire dalla stagnazione riavviando lo sviluppo con misure strutturali». Il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Vittadini ha presentato, dal canto suo, una ricerca che partiva da una semplice domanda: “Siamo un Paese per vecchi?”. Dalla famiglia all’istruzione, passando per l’abbandono scolastico e la dispersione, dall’università alla ricerca e al mantenimento dell’impiego, anche in un paragone con l’estero, Vittadini ha evidenziato come sia necessario oggi più che mai un intervento che parta dal concetto di capitale umano, rimettendo al centro la persona, riportando la famiglia come fattore di crescita tra le prime voci dell’agenda politica, garantendo pluralismo e libertà di scelta nel campo dell’istruzione, per esempio lasciando ai singoli la facoltà di decidere come meglio spendere i loro soldi.
Partecipare ai lavori dell’Intergruppo non è una novità per Alessia Mosca, eletta tra le file del Pd nel 2008 e segretario della Commissione Lavoro della Camera. «Da subito vi ho preso parte. È un percorso nel quale ho sempre creduto. Esco da Spineto rafforzata nella mia convinzione». È un’esperienza che chiede un passo in più, continua la deputata: «Parlo di responsabilità politica vera. È venuto Draghi e ha parlato di riforme profonde, strutturali, per uscire dalle secche in cui ci troviamo. I dati che ha presentato sono un ulteriore schiaffo rispetto a problematiche che conosciamo bene da anni: l’immobilismo sociale, la disillusione dei giovani, la fuga di cervelli». E il passo in più che deve fare la politica? «La questione è sempre se si serve il bene del Paese o il consenso immediato», è l’aut aut di Raffaello Vignali, dal 2008 deputato Pdl e vicepresidente della Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera: «Certo, non possiamo pensare che l’Intergruppo possa fare da solo le riforme che oggi servirebbero al Paese. L’Intergruppo è un metodo di lavoro. Non la pensiamo tutti allo stesso modo. Ma è il metodo di un confronto senza pregiudizio, coscienti che alla fine dobbiamo trovare un compromesso. Non come accordo al ribasso, ma come lo intendeva il Papa: compromissione con la realtà e promessa reciproca. Non inciucio o svendita di ciò in cui si crede». Un metodo di cui i media non parlano, continua Vignali, spiegando che non è stato difficile raccogliere 150 firme senza colore di partito per presentare il nuovo Statuto delle imprese che sarà legge a breve, e vederlo passare senza contrari o astenuti: «È una legge sostenuta dall’Intergruppo, così come quella contro la fuga di cervelli all’estero, o sul lavoro nelle carceri. O sul cinque per mille. Tutte cose per cui, a partire dalla proposta di uno, si è lavorato insieme».
Un metodo di lavoro che può trovare spazio anche al di fuori dell’Intergruppo: «La speranza è che accada», racconta Alessia Mosca. «Perché le ricette per uscire dal pantano le conosciamo. E sappiamo bene che possiamo trovare ampi margini di dialogo e discussione, su cui è possibile avere il sostegno di tutte le parti. Occorre una pre-condizione: la responsabilità politica, nell’urgenza. Ci si deve porre come priorità questo, che ci consenta di prendere una boccata d’ossigeno». Altro che la difesa a priori della propria parte, avendo come unico orizzonte il sondaggio di fine mese o le prossime elezioni: «Non si tratta di fare le trimestrali di cassa per le aziende», spiega Vignali. «Invece occorre lungimiranza, iniziare a lavorare sul lungo periodo. Tirando fuori la testa dalle urne e ragionando per il bene comune. Come accade nell’Intergruppo».
«Quello che ci siamo detti a Spineto deve diventare realtà», continua la Mosca: «Non possiamo permetterci che questi restino solo dei momenti di dibattito elevato, senza che si traducano in azioni concrete. C’è bisogno che tutti si rendano conto che non abbiamo alternative». «L’abbiamo visto: lavorare così è possibile e funziona», ribadisce Vignali: «Certo che una riforma strutturale non potrà nascere in seno all’Intergruppo. Prendiamo la legge sul lavoro nelle carceri: non sarà il punto centrale di una riforma della Giustizia. Ma se si riesce a portare avanti questo, significa far fare un passo in più alla sussidiarietà. E in una logica di consenso ampio, probabilmente, chi può dire che non sia utile a far affrontare meglio il tema della riforma della Giustizia?».