Piacenza, il luogo e l'auto dove è morto Luca.

Cosa chiede quella "stretta alla gola"?

La morte del piccolo Luca, lo sgomento e le parole che non escono. È in questo silenzio il primo contraccolpo. Ci immedesimiamo in tutto quel dolore, del padre, della madre. È una domanda che vien fuori, inevitabile: «Come si fa a vivere, ora?»
Emanuele Braga

Ci sono fatti davanti ai quali ogni commento appare fuori posto. Non tocca la realtà, la sfiora appena, lasciandola intatta nel suo dolore viscerale che sa di travaglio. Neanche quando si tratta di parole vere, che scavano sotto la superficie per arrivare più a fondo delle solite chiacchiere su colpe e ragioni. Come quelle di Paolo Dosi, il sindaco di Piacenza, davanti al dramma di Luca, il bimbo morto ieri nella sua auto parcheggiata a dieci metri dall’asilo dove doveva essere: «È una disgrazia enorme e insopportabile, perché fa emergere le contraddizioni del nostro modo di vivere». Vero. Eppure non dice nulla della tragedia di un padre che lascia in macchina il suo bambino di due anni e lo ritrova morto otto ore dopo. Nulla. Come qualsiasi altra frase, forse ogni parola. Davanti a fatti del genere viene solo da tacere, e guardare. Dare spazio al silenzio che ci prende, e guardare che cosa accade in quell’istante in cui a sentire la notizia ci si è stretta la gola.

Il primo contraccolpo non è mai «di chi è la colpa?» e nemmeno «come è potuto succedere?», quello affiora dopo. Il primo dato che affiora è un altro. È «pensa a quel bimbo. A quell’uomo. Alla moglie. Pensa che dolore». Ci immedesimiamo nel loro dolore, è inevitabile. Il primo colpo è quello. «Come si fa a vivere, ora?». Occorre guardarlo, perché accade prima che passiamo oltre e ci ripieghiamo sulle idee.

A quel dolore, che scopriamo anche nostro - come un’ombra, un’eco appena del dolore di quel padre e quella madre, ma nostro, al punto da farci venire il desiderio di abbracciarli -, non bastano risposte confezionate. Neanche le più “pie”. Non basta dire «Gesù» o «Paradiso». Non basta a loro, e non basta a noi finché resta una parola già saputa. È necessario, come l’aria, che Cristo accada. Che il Mistero sia carne ora, che possa svelare ora il Suo volto buono anche in una giornata così buia. Che abbracci la vita di quei genitori, e la nostra, ora. Come sta abbracciando Luca.