Lombardia, attentato alla libertà

In Lombardia, con la riforma della giunta Maroni, la gestione dei voucher tornerebbe alle Asl. Dall'altra parte, l'Istat fotografa una sanità pubblica in arretramento. Mentre cresce il non profit. Ma siamo sicuri che la scelta lombarda sia quella giusta?
Giuseppe Frangi

Due notizie di ieri che sembrano andare in due direzioni opposte. In Lombardia la giunta del governatore Roberto Maroni ha annunciato di voler metter mano al sistema che dal 2003 regge le prestazione sociosanitarie in Regione (in particolare quelle per minori in difficoltà, persone con disabilità e per anziani): il meccanismo dei voucher assegnati ai cittadini a cui toccava poi scegliere quali strutture fossero le più adatte a erogare i servizi necessari. Con la riforma della giunta Maroni invece la regia torna in mano alle strutture pubbliche, comuni e Asl in primis, decidere quali siano le strutture più adatte rispetto ai bisogni di quelle fasce di cittadini. La seconda notizia invece viene da Roma: sono stati resi noti ieri i dati dell’atteso censimento dell’industria e servizi, delli istituzioni e del non profit. Ebbene i numeri rilevati dall’Istat fotografano una situazione che sembra togliere il terreno sotto i piedi alla giunta lombarda: infatti viene registrata un pesante arretramento dei servizi forniti dal pubblico, con un calo dell’occupazione di oltre l’8% nel comparto sanità e assistenza sociale dal 2001 (anno del precedente analogo censimento), mentre il numero degli addetti nello stesso settore è cresciuto di 123 mila unità per quanto riguarda le strutture non profit e di 148 mila per le strutture profit.

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