Enrico Letta e Angelino Alfano.

Qualcuno si è mosso

Si era un passo dalla crisi, ci si è trovati con un governo un po' più saldo. Difficile prevedere che cosa succederà adesso e come si rimescoleranno le carte nel Palazzo. Ma un fatto è certo. Ed è positivo
Giorgio Vittadini

L’articolo 67 della Costituzione afferma che «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato», cioè senza obbligo di sottostare alle direttive del partito cui appartiene o al suo programma elettorale. È vero che questo fondamentale assunto, che garantisce massima libertà di espressione di deputati e senatori, spesso è stato un alibi per coprire scelte opportunistiche.
È vero anche che in Italia spiccano problemi come la mancata coesione dei gruppi parlamentari o un sistema elettorale che ha minato il principio della territorialità e il rapporto eletto-elettore, rendendo spesso deputati e senatori puri esecutori nelle mani di chi li ha scelti dall’alto. Ma è anche vero che di fronte a scelte di particolare impatto per il bene comune, la coscienza di chi è chiamato a decidere deve essere il più possibile libera da impedimenti per aderire al fondo di sé, dove alberga l’anelito alla verità.

Allora ha ragione il premier Enrico Letta a ritenere il 2 ottobre una giornata storica. La retromarcia di chi, per evitare una disfatta o magari per un sussulto in extremis di ragionevolezza, ha tramutato certe scomposte rivendicazioni in fiducia al Governo, non oscura il fatto fondamentale: finalmente qualcuno - una pattuglia non piccola di deputati, senatori e i cinque ministri del Pdl - ha risposto agli appelli per il bene comune e la difesa del benessere della nazione di Giorgio Napolitano, Letta, di altri ministri ed esponenti politici e, possiamo dirlo, della stragrande maggioranza del Paese.

È ancora troppo presto per prevedere cosa succederà. Ma questo può essere l’inizio di una formazione veramente in sintonia con gli ideali del Ppe europeo, in grado di impegnarsi per quella rivoluzione liberale, popolare, sussidiaria, necessaria al nostro Paese per risollevarsi e rimasta in questi vent’anni nel mondo delle intenzioni.
Ciò che è accaduto, però, ha soprattutto il valore di una preziosa testimonianza che travalica l’ambito della politica. Qualcuno si è mosso per motivi nobili e alti mostrando che, anche nella vita pubblica, la coscienza personale può essere determinata da un desiderio di bene che prevale su logiche di potere o calcoli di breve respiro.

Come diceva Václav Havel, presidente prima della Cecoslovacchia e poi della Repubblica Ceca ne Il potere dei senza potere, scritto quando era un semplice intellettuale inviso al regime comunista, contro la vita nella menzogna dell’ideologia la riscossa non è una rivoluzione violenta, né una riforma politica, ma una personale «vita nella verità».
Una volta tanto la politica italiana ne ha dato una testimonianza a tutti.