«La testimonianza di Francesco è più grande di qualsiasi discorso»

L'intervista a Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, sul quotidiano spagnolo La Razon del 3 novembre
Maria Serrano

Il grande problema del mondo contemporaneo non è una domanda teorica, ma esistenziale. Non “Chi ha ragione?”, ma “Come si fa a vivere?”. A questa domanda cerca di rispondere il Movimento cattolico di Comunione e Liberazione, una realtà ecclesiale nata in Italia nel 1954 che intende affrontare le sfide del nostro tempo e l’educazione cristiana dei suoi membri per collaborare con la missione della Chiesa in tutti i campi della società.
Dopo la morte del suo fondatore, don Luigi Giussani, è Julián Carrón che ne è il responsabile in tutto il mondo.

Il tema della giornata di inizio di Comunione e Liberazione quest’anno è una domanda: Come nasce una presenza?
Nasce dall’incontro con qualcuno così pienamente affascinante per la vita che uno non può più prescindere da esso nel guardare la realtà. È come quando ti innamori, tutta la vita è determinata da quella presenza. Stai nella realtà con questa novità dentro, in tutto quello che tocchi, che vedi, che ti accade.

Questo incontro è possibile per tutti?
Sì, l’esempio è Maria Maddalena, una persona sconosciuta che nell’incontro con Gesù scopre chi è, e che per lei c’è la possibilità di vivere la vita con una intensità che non avrebbe mai immaginato.

È appena stata pubblicata la biografia di don Giussani, il fondatore del Movimento. Come è stato il suo rapporto con lui?
Ha vissuto due diverse fasi, perché quando ho incontrato il Movimento io vivevo a Madrid, e lo vedevo raramente. Poi il rapporto è andato intensificandosi, sino al punto in cui mi chiese di andare in Italia per aiutarlo nella guida del Movimento, una sorpresa totale per me.

A chi lo interrogava sul perché la gente lo ascoltava e lo aspettava, don Giussani rispondeva: “Perché credo in quello che dico”. E lei, perché la gente la ascolta?
Anch’io voglio comunicare quello in cui credo e quello che vivo, quello che mi aiuta a vivere. Non ho nessun altro desiderio se non vivere. Il mio problema è uno, uguale a quello di tutti gli uomini: vivere.

Come si è sviluppato il Movimento di Comunione e Liberazione in Spagna? Che contributo vuole dare oggi nella situazione che viviamo
Come in ogni parte del mondo, deve portare quello che di più caro ha incontrato: che Gesù Cristo, quale che sia la circostanza, possa rappresentare una sorgente di novità per vivere ogni cosa, dai rapporti in famiglia fino al lavoro, la disoccupazione, la malattia. Tutto può essere accompagnato dalla presenza di Cristo, che fa nuova ogni cosa.

Don Giussani voleva proporre un cammino cristiano pienamente umano. Questa proposta è valida ancora oggi?
Credo che quanto più passano gli anni, più questo cammino si rivela significativo, perché lui ha fatto una cosa che è difficile trovare: si è coinvolto per anni con la vita di alcuni giovani perché verificassero che la sua proposta cristiana poteva corrispondere alle esigenze del vivere. E questo ha fatto sì che noi abbiamo potuto vedere con i nostri occhi cosa significava vivere la vita nella fede. Questo è ciò che ci ha affascinato.

È possibile l’unità fra pensiero teorico ed esperienza personale che proponeva don Giussani? In che modo l’attenzione al quotidiano può essere l’occasione per incontrare Cristo?
Giussani partiva sempre dall’esperienza, perché la realtà – diceva – si fa trasparente per noi nell’esperienza, così come si capisce che cos’è l’amore non attraverso una teoria o in un discorso, ma nell’atto dell’innamorarsi. Per questo è facile. La vita è facile, il cristianesimo è facile, perché è un’esperienza alla portata di tutti. Uno deve essere consapevole del significato dell’esperienza che vive per poter crescere in questa autocoscienza di sé e della realtà.

Citando Dostoevskij, «Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni, può credere alla divinità del Figlio di Dio, Gesù Cristo?»
Assolutamente si! La fede cristiana sarà interessante solo per quanti non rinunciano alla propria ragione e alla propria libertà; per coloro che, rispettando totalmente l’esigenza della propria ragione, non si accontentano di qualcosa di meno rispetto all’incontro con una risposta totale. Vale a dire, l’incontro con un significato vero della vita capace di stare davanti a qualunque circostanza, e con una pienezza in grado di saziare il cuore dell’uomo.

Papa Francesco, nella sua risposta a Scalfari su “La Repubblica” afferma la necessità di “suscitare un dialogo sincero e rigoroso”. È possibile questo tipo di dialogo?
È possibile perché tutti noi uomini, come hanno dimostrato sia Scalfari sia il Papa, desideriamo trovare un significato per vivere, trovare una risposta che ci aiuti a entrare in relazione con la totalità della vita. Solo se noi, ognuno di noi, non censuriamo questo desiderio, questa esigenza che abbiamo dentro, potremo incontrare sempre altre persone che vivano lo stesso nostro desiderio.

Lei afferma che “la lealtà verso questa esigenza che ci costituisce, questo desiderio di luce, è ciò che stimola gli uomini al vero dialogo”. Questa esigenza è presente in ogni uomo?
Sì, ognuno di noi la può trovare nel più profondo del suo essere, è ciò da cui siamo costituiti. Non esiste un essere umano senza questa esigenza di verità, di bellezza, di giustizia, di felicità, di pienezza… Non sarebbe umano.

Che cosa c’entra questa esigenza con il cristianesimo?
Il cristianesimo si propone proprio come una risposta compiuta a questa esigenza. Per questo non ci potrà essere nulla di più interessante, per chi abbia questo desiderio e questa esigenza di felicità, che poter incontrare una risposta alla sua altezza.

Il Papa afferma che la sua fede è nata da un “incontro personale con Gesù”, ma che “senza la Chiesa non avrei potuto incontrarlo”. Fino a che punto l’una cosa non può accadere senza l’altra?
Non è possibile conoscere Cristo se non nella Chiesa. È giunto a noi attraverso di essa: sarebbe un personaggio sconosciuto se non fosse per i testimoni che hanno tramandato la sorpresa e la novità che hanno incontrato in Gesù. Come ogni fatto storico – e il cristianesimo è un fatto storico – non può essere conosciuto se non attraverso i testimoni.

Qual è secondo lei la chiave dell’autorevolezza che sta caratterizzando Papa Francesco?
La sua genialità sta nella capacità semplicissima di testimoniare che cosa sia il cristianesimo oggi, senza aver bisogno di appoggiarsi su nient’altro che sulla potenza della sua testimonianza personale. Spesso a noi questo appare troppo poco, ma il Papa ci sta dimostrando che la potenza della testimonianza è maggiore di qualunque discorso.

Il personaggio
Julián Carrón è nato in Estremadura nel 1950. Ordinato sacerdote della diocesi di Madrid nel 1975, ha conseguito il dottorato nel 1984 dopo aver lavorato alla Ècole Biblique et Archéologique Française a Gerusalemme e aver compiuto un anno di ricerca alla Catholic University di Washington. È stato professore di diverse discipline alla Facoltà Teologica San Dámaso, anche se la sua specializzazione è in Sacra Scrittura, argomento sul quale ha scritto diversi saggi. Il 19 marzo 2005 la Diaconia centrale della Fraternità di Comunione e Liberazione lo ha nominato Presidente della Fraternità, dopo la morte di don Giussani.