Papa Martino V.

MARTINO V La «felicità del suo tempo»

Continua la serie su alcuni tra i più significativi pontefici della storia. Eletto dopo decenni di divisioni, Martino V riuscì a riportare a Roma la sede papale. Ricostruendo la Chiesa
Eugenio Russomanno

L’epigrafe della tomba di papa Martino V testimonia che questo Papa fu «la felicità dei suoi tempi». Forse occorre una premessa storica, per comprendere la portata del pontificato di Martino V: Oddone Colonna, nato a Gennazzano nel 1368, eletto il giorno 11 novembre 1417, morto a Roma il 20 febbraio 1431 e sepolto in Laterano.
Mi riferisco al cosiddetto Scisma d’Occidente (1378-1417) e al successivo Concilio di Costanza (1414-1418). Lo scisma scoppiò dopo la morte di Gregorio XI (1370-1378). Questi, turbato dalle gravi minacce profetiche di Caterina da Siena e di Brigida di Svezia e spinto anche dalle condizioni caotiche in cui versava lo stato pontificio, aveva fatto ritorno a Roma, nel 1377. Ora, per una serie di complesse circostanze storiche, in Occidente si ebbero contemporaneamente e tragicamente due papi: Urbano VI e Clemente VII. La Chiesa si trovò ad avere contemporaneamente due papi! Il turbamento provocato dalla duplice elezione fu tanto grande e generale che già i contemporanei manifestarono di fronte a questo evento singolare profondo smarrimento. Perfino grandi figure di santi si schierarono a favore dell’uno o dell’altro pontefice. Ad esempio, Caterina da Siena parteggiava per Urbano VI e Vincenzo Ferreri per Clemente VII. Lo scisma durò quaranta anni, dal 1378 al 1417. Tanto Urbano VI quanto Clemente VII istituirono le loro rispettive curie ed ebbero, alla loro morte, i rispettivi successori. Scrive lo storico August Franzen: «Le conseguenze dello scisma furono terribili. L’intera cristianità si divise in due campi ostili, in due obbedienze l’una contro l’altra armata e, poiché ogni pontefice scomunicò i seguaci del suo avversario e nessuno fu escluso da questa condanna, tutta la cristianità si trovò di fatto scomunicata. Lo scisma si allargò a tutti i paesi, divise diocesi e parrocchie, originò discordie e lotte… con gravissime conseguenze per la Chiesa, che in quel tempo dovette sopportare una delle crisi di governo più difficili della sua intera esistenza storica». In seguito al concilio di Pisa del 25 marzo 1409 si ebbero addirittura e disgraziatamente ben tre papi contemporaneamente!
L’università di Parigi, nel 1394, indicò tre vie per superare lo scisma. La via cessionis (volontaria abdicazione), la via compromissi (sottomissione dei papi a un tribunale arbitrale) e la via concilii (decisione affidata a un concilio ecumenico).
Si fece strada la terza via e nacque così il cosiddetto “conciliarismo”. Il concilio di Costanza (1414-1418) avrebbe finalmente risolto la questione della successione alla cattedra di Pietro in quel momento storico ed è per questo definito “il concilio dell’unità”: esso fu convocato per porre fine al grande scisma e per riformare la chiesa, deponendo i tre papi di allora (Giovanni XXIII, Benedetto XIII e Gregorio XII).
Si doveva trovare un uomo che fosse gradito a tutti i membri del concilio e potesse ottenere un riconoscimento generale. Questa volta le cose andarono bene. «Che l’accordo fosse raggiunto nel conclave solo tre giorni dopo, in una disposizione d’animo di altissima religiosità, mentre all’esterno si svolgeva la processione, apparve già ai contemporanei come un miracolo dello Spirito Santo. L’11 novembre 1417 fu eletto papa il cardinale Oddone Colonna, che scelse il nome del santo del giorno e perciò si chiamò Martino V. La sua elezione fu salutata con gioia indescrivibile, non solo dal concilio, ma da tutto l’Occidente. Lo scisma, protrattosi per ben quarant’anni, era ormai terminato e si era finalmente ricostituita l’unità del corpo di Cristo. La Chiesa aveva di nuovo il suo capo supremo: un Papa riconosciuto da tutti e legittimamente eletto», scrive Franzen: Martino V, «la felicità dei suoi tempi».
Il 22 aprile 1418 chiuse il concilio di Costanza e intraprese il lungo viaggio che avrebbe riportato a Roma la sede papale: il 28 settembre 1420 entrò in Roma. Immediatamente dopo la sua elezione si dedicò alla riorganizzazione dello Stato pontificio: ristabilì il prestigio e l’autorità papale, riassestò le finanze dello stato pontificio e intraprese un vasto programma di ricostruzione delle chiese e degli edifici pubblici caduti in rovina, avvalendosi anche dell’opera di eminenti artisti. Martino aumentò il prestigio del papato in Europa inviando numerose ambasciate in missioni di pace, soprattutto in Inghilterra e in Francia, ancora impegnate nella guerra dei cento anni (1337-1453). Mantenne buoni rapporti anche con Costantinopoli. Papa Martino dimostrò una insolita moderazione nei confronti degli ebrei, condannando la predicazione violenta contro di loro e proibendo il battesimo forzato dei bambini ebrei. Nel 1427 ricevette il riformatore francescano Bernardino da Siena (1380-1444) e approvò il culto del Santissimo Nome di Gesù da lui propagato.