Paolo III.

PAOLO III L'inizio della Riforma cattolica

Prosegue con Alessandro Farnese la serie sui pontefici più significativi della storia. Da papa rinascimentale fa completare il "Giudizio Universale" a Michelangelo. Aprirà la prima fase del Concilio di Trento
Eugenio Russomanno

Alessandro Farnese nacque a Canino (Viterbo) nel 1468 da una famosa famiglia di condottieri di ventura e ricevette una buona educazione umanistica a Roma e a Firenze.
Prima di salire al soglio pontificio, occupò un gran numero di vescovadi e di benefici, coltivò da buon rinascimentale interessi artistici e filosofici, condusse a termine importanti missioni diplomatiche.
Nel 1519 ricevette l’ordinazione sacerdotale e divenne un membro del partito riformatore della curia. Alla morte di Clemente VII era il più anziano dei cardinali (settantasette anni), decano del sacro collegio, rispettato per la sua esperienza e la sua accortezza: fu così eletto all’unanimità dopo un conclave durato appena due giorni. L’elezione di Paolo III fu dovuta anche alla sua indipendenza rispetto alle due potenze che allora si contendevano il predominio, Francia e Impero. I rapporti con gli altri stati europei e italiani furono in funzione della politica generale di pacificazione e neutralità e dell’indirizzo di riforma e di reazione contro il protestantesimo impresso al pontificato.
«Autentico papa rinascimentale, Paolo favorì artisti, scrittori e studiosi. Restaurò l’università di Roma, arricchì la biblioteca vaticana e si valse dei talenti di pittori e architetti, in particolare di Michelangelo, al quale commissionò il completamento del “giudizio universale” della cappella Sistina e la direzione dei lavori per la nuova basilica di S. Pietro. Il palazzo Farnese, di cui iniziò la costruzione, testimonia quanto fosse orgoglioso della propria famiglia» scrive John Kelly nel Grande Dizionario dei Papi; ma lo “sfrenato nepotismo” di Paolo III non testimonia certo a suo favore.
Egli cominciò la sua opera là dove più era necessaria: la riforma del sacro collegio. Chiamò a far parte del supremo senato della chiesa un gruppo di propugnatori della riforma, tra cui gli eccellenti cardinali Gasparo Contarini, John Fisher, Giacomo Simonetta, Giampietro Carafa (futuro papa Paolo IV), Jacopo Sadoleto, Reginaldo Pole, Marcello Cervini (futuro papa Marcello II), Giovanni Morone e altri. Istituì una commissione di riforma (1536) che nel 1537 presentò promemoria sulla reale situazione della chiesa: il Consilium de emendanda ecclesia, che in seguito servì come modello per il concilio di Trento
E’ stato considerato “il primo papa della riforma cattolica”: non si sa quanto ciò sia storicamente esatto, ma senza dubbio Paolo comprese la necessità di rispondere positivamente alla sfida del protestantesimo e fece i primi passi per incoraggiare il rinnovamento all’interno della chiesa stessa; per questi motivi nel suo programma mise al primo posto un concilio universale e la riforma.
Per quanto riguarda il concilio, «Quando, il 13 dicembre 1545, solo 31 Padri conciliari aventi diritto di voto ne celebrarono l’apertura, sotto la guida dei legati nominati dal papa, Giovanni Del Monte, Marcello Cervini e Reginald Pole, nessuno poté prevedere che aveva allora inizio il più grande avvenimento di tutta la cattolicità moderna» (August Franzen). Lo svolgimento del concilio viene suddiviso dagli storici in tre periodi. Il primo periodo (1545-1548) si svolse durante il pontificato di Paolo III.
Paolo III incoraggiò le riforme degli ordini religiosi e lo sviluppo di nuove congregazioni: i teatini, i barnabiti, i somaschi e le orsoline. Inoltre, con la bolla Regimini militantis ecclesiae del 27 settembre 1540 approvò la neonata Compagnia di Gesù di Ignazio di Loyola. A Paolo III spetta la fondazione di un organismo centrale per la lotta contro l’eresia: la congregazione della inquisizione romana (Sanctum Officium), con la bolla Licet ab initio del 1542, che segna l’inizio della Controriforma.
Il 17 dicembre 1538 Paolo III scomunicò Enrico VIII – la precedente sentenza di Clemente VII era stata sospesa – e colpì l’Inghilterra di interdetto, ma non riuscì a convincere le potenze continentali a imporre sanzioni; l’unico risultato fu che l’Inghilterra si staccò ancora di più da Roma.