Ma chi può davvero fare nuovo l'umano?

Un professore che prova a coinvolgere gli studenti con un pezzo di Chopin. I ragazzi che non capiscono, sono come straniti. Perché non funziona? «Era una cosa bella, ma forse era bella solo per me»

Ho un'impressione strana mentre faccio sentire Tristesse di Chopin; i volti stupiti degli studenti e delle studentesse che ho di fronte mi interrogano in modo incalzante. Ho la sensazione di compiere una violenza; quello che pensavo essere un modo geniale di far lezione, mentre lo svolgo avverto invece che è come una forzatura.

Mi fermo un attimo, pensando tra me e me, mi domando cosa sto facendo, se non sto per caso commettendo un errore. Non riesco a trovare l'aggancio, i volti che ho davanti sono persi nel vuoto e questo aumenta la mia impressione iniziale, ovvero che la mia genialata è una violenza.


Finisco la lezione, tutto scorre via liscio, ma è evidente che ho inventato una cosa bella, solo che è bella per me. Esco dalla classe con una domanda struggente che mi lacera le fibre vitali, mi fa male, tanto male. E se tutto il mio impegno alla fine fosse un imporre la mia presenza? È una domanda che urge una risposta, e non è che accondiscendano né che siano critici.

Da oggi mi è chiara una cosa: si educa non perché si provoca una reazione, positiva o negativa. La questione è: quando sussulta l'umano sono io a farlo muovere (e qui sta la violenza) o è la presenza del Mistero, che io semplicemente riconosco?

Gianni, Abbiategrasso (Milano)