Michele Cucchi e compagni sulla cima del K2.

In cattedra, per raccontare un sogno che si chiama K2

Lezione al Bachelet di Abbiategrasso con un mostro sacro dell'alpinismo mondiale: Michele Cucchi. Dopo essere tornato sulla "montagna degli italiani" a sessant'anni dalla prima conquista, ha spiegato ai ragazzi cosa c'è al cuore di ogni grande spedizione

Mi ha molto colpito l’incontro che è avvenuto ad Abbiategrasso all’IIS Bachelet tra Michele Cucchi e gli studenti di alcune classi della scuola. L'alpinista piemontese nel mese di luglio ha conquistato, con otto scalatori pakistani, la vetta del K2 a sesant'anni dall’impresa della spedizione di Ardito Desio. Michele Cucchi, soprannominato il “Lungo”, ha raccontato come è nata la sua passione per la montagna e che tipo di professionalità si è creato con anni e anni di esperienza, prima ad Alagna e poi in varie parti del mondo. L'ultima in ordine di tempo in Pakistan, dove ha insegnato agli alpinisti locali le tecniche più moderne del soccorso.

Cucchi ha poi fatto vedere un video dove riprendeva i momenti più importanti della loro impresa, da cui si è capito tutto il lavoro che sta dietro a una spedizione e ciò che ne permette la riuscita. È risultato evidente che per raggiungere una meta di così alto livello ci vuole fatica e sacrificio, ma si è disposti a farlo proprio per l’obiettivo che coincide con il sogno della vita. Gli studenti hanno potuto gustare lo spettacolo che si vede alle alte quote delle montagne del Karakorum, grazie a riprese eccezionali, come alcune notti stellate viste dal campo base.

Un racconto coinvolgente, quello di Cucchi, perché segnato dalla sua sensibilità umana e da un approccio alla vita affascinante: la vita come avventura e non avventura fine a se stessa. Avventura assieme agli altri e per servire gli altri.
Due cose Cucchi ha insegnato ai ragazzi e alle ragazze del Bachelet. La prima, avere dei sogni, coltivarli con tutte le proprie forze, perseguirli senza arrendersi mai. Il racconto di ogni momento della spedizione ha fatto capire che quando si ha un sogno tutto viene fatto in funzione di esso, per realizzarlo. Incontrare lui è stato, come ha detto una studentessa, ritrovare la speranza di compiere quei desideri che si hanno e che sembrano oggi difficili da realizzare. La seconda è che ciò che ci arricchisce può essere trasmesso agli altri. Cucchi ha sentito come decisivo il dovere di comunicare ad altri quello che ha imparato, lo ha fatto con gli alpinisti pakistani da cui è considerato un maestro, e in Pakistan il maestro vale come un padre. Da questa determinazione a comunicare è nata la spedizione al K2, legata allo scopo di portare gli alpinisti pakistani in cima alla vetta più difficile della catena himalajana, segno, questo, di un modo di concepirsi che vede le proprie capacità come servizio agli altri.

È un’amicizia quella che si percepisce come orizzonte e alveo della spedizione: partire insieme, camminare insieme, arrivare insieme e tornare insieme
. Una delle lezioni più belle di questi anni al Bachelet, perché in cattedra è salita la vita.

Gianni, Abbiategrasso