Un momento della "Maturandi" di Ancona.

Verso la maturità... passando da una merenda

Venti ragazzi e un gruppo di insegnanti. Obiettivo: preparare insieme l'esame di Stato. La lezione di Carrón, i brani di Pasolini e le tesine... Ecco il racconto di un professore che c'è stato

Nei giorni scorsi abbiamo proposto ai maturandi di Ancona una "convivenza" per preparare insieme l'esame. Venti ragazzi con noi, i professori. Mi ha colpito il motivo per cui abbiamo deciso di farla. Non perché siamo una ong al servizio dei bisogni degli studenti, ma per una scoperta fatta in questi anni: stare con loro ci muove, ci permette di scoprire quanto è conveniente e gustoso essere insegnanti, e che la nostra azione parte dall'ipotesi del Mistero presente.

I giorni della convivenza sono stati ricchi di fatti che hanno stupito tutti: i ragazzi, ma anche noi insegnanti. A partire dal mattino, con la proposta della lezione di Carrón ai maturandi. Abbiamo visto gente che non ama lo studio innamorarsi e appassionarsi di tanti argomenti, al punto di non volersi staccare dai libri e dalle nostre spiegazioni. E ancora, studenti che non si parlavano o non si conoscevano diventare amici, mangiare insieme... tanto che la titolare dell'albergo ha strabuzzato gli occhi, perché non aveva mai conosciuto ragazzi così. Abbiamo anche visto gente timidissima cominciare a parlare in pubblico, esporre la propria tesina, le proprie posizioni, proporre tutto se stessi davanti agli altri. Alla fine della convivenza, ero il primo ad essere grato. Soprattutto avevo fatto una scoperta: tutto questo non era merito della nostro generosità o passione per la didattica. Ad agire, lì, era Uno risorto, presente. Un «ospite», come abbiamo detto una sera, leggendo Teorema di Pasolini. E questo era sempre più chiaro.

Nell'assemblea finale l'ho detto ai ragazzi: ciò che li aveva attratti in quei giorni, che aveva ridestato l'interesse, non era certo la nostra bravura. Loro mi guardavano, ed è sorta spontanea una domanda: «Chi ha permesso tutto questo?». Alla fine gliel'ho esplicitato, perché, guardando quello che era accaduto, non potevo tacere: non era merito della capacità di noi insegnanti e neanche un "ignoto" a cui tendevano, ma una Presenza. Un incontro iniziato ai banchi di scuola, che porta cercare la verità con questa passione. Tra noi professori, anche persone nuove che sono venute con noi, era chiaro: non si poteva spiegare quel rapporto, quella fecondità, quell'interesse senza pensare a Lui.

Uno dei ragazzi, durante l'assemblea finale, ha detto: «Mentre stavo studiando delle formule, un professore mi ha portato una bibita e una merenda. E ho visto tanta tenerezza in questo gesto. Mi sono accorto che la mia conoscenza, il mio studio, non è assolutamente slegato da questa attenzione di cui sono oggetto. La mia ragione si apre di più, grazie alla tenerezza verso la mia persona».

Testimoniare l'origine, la Presenza che fa tutto e che opera tra noi, quello che è oggi il movimento (con tutti gli avvisi e le proposte del pellegrinaggio a Czestochowa, del Meeting, della compagnia del Clu) non è una fissazione, un dogmatismo. Se si perde l'origine, si perde il meglio, ovvero ciò che può durare per sempre e non solo per una settimana di studio.

Nicola, Ancona