Alcuni studenti durante un compito in classe.

L'incrociarsi di due sguardi

Un professore racconta ai suoi maturandi cos'è per lui la scuola: l'ha capito vedendo un padre ed un figlio insieme. Insegnare è approfondire il rapporto con la realtà. Poi lascia loro un ultimo compito: «Portate sempre nel cuore quel raggio di luce»

«Se dimenticassi ciò che è vero / se mi allontanassi da ciò che è sincero / i tuoi occhi di cielo me lo ricorderebbero / se mi allontanassi dal vero» (Occhi di cielo, Victor Heredia).

Alcuni anni fa ricordo che durante una gita in montagna, mentre camminavo insieme a tanti amici, fui colpito da una scena sul bordo della strada sterrata: un padre che mostrava le montagne al figlio, gravemente disabile sulla sedia a rotelle. Avrei voluto cogliere un fiore e porlo a quel ragazzo che parlava solo con gli occhi luminosi, ma non ne ebbi il coraggio. Ma non ho più dimenticato quegli sguardi: lo sguardo di un padre, lo sguardo di un figlio...

Ecco, forse questa è la "scuola": l'incrociarsi di due sguardi, quello di un maestro, quello di uno studente; attraversati da curiosità e desiderio. Non serve altro, progetti, strutture, niente: tranne naturalmente due belle casse della frutta (le pere argentine), su cui sedersi. Tante volte mi sono seduto con voi su quelle casse, entravo e vi raccontavo cosa pensavo di quella cosa misteriosa e drammaticamente affascinante che è la vita. E sempre avevo l'impressione che vi interessasse quel che dicevo. Per questo è stato un piacere e un privilegio stare con voi e capire cosa c'entravano il Diritto e l'Economia con la vita. Che soddisfazione quando avete declamato sul pullman la frase di Moro: «Questo Paese non si salverà», o quando avete saltato la ricreazione per vedere la fine de Le vite degli altri (film stupendo).

Mi sono sempre sentito libero di insegnare a modo mio, tiravo la porta ordinando «immersione rapida, quota periscopica» e via, a navigare nel mare del sapere. Che bell'equipaggio: mai una rivolta. Ma sorrisi e rispetto. Ogni giorno insieme per approfondire il rapporto con la realtà; in fondo, sempre più giù, dietro le quinte anche là dove qualche volta fa male ma senti vibrare forte il cuore...

Quid est veritas? Ricordate? Abbiamo ascoltato insieme il suono leggero della vita, invece del rumore del paese dei balocchi. Per qualcosa di meno non si conosce veramente, al massimo "si impara". Ogni mattina conoscere la realtà, vederla svelarsi piano piano: come quando i raggi dell'aurora spingono il buio lontano e avvolgono di luce i campi, le case, gli uomini, tutto il Mistero del creato.

Portatelo sempre nel cuore quel raggio di luce, è l'ultimo compito che vi lascio: vi servirà per il mestiere di vivere. Ora sciolgo la fune ragazzi, tocca a voi la salita. E quando sarete sulla cima, con una stanchezza dolce che vi invade, il profumo dell'erba strappata nelle narici, il vento che vi accarezza e punge le guance, gli occhi pieni di sole, lo sguardo giù verso l'orizzonte sconfinato; allora, se volete, ricordatevi un attimo di me.

Il vostro professore.

Stefano, Leno (Brescia)