La presentazione a Padova.

L'attrattiva che vince la distrazione

Il 24 febbraio, al Centro Papa Luciani, si è tenuta la presentazione del libro di Julián Carrón. Con l'autore, Gadi Luzzatto Voghera, di religione ebraica, docente alla Boston University, e Wael Farouq, professore musulmano alla Cattolica di Milano
Maurizio Caverzan

La perdita dell’io, lo svuotamento della persona, la crisi di questi anni, la religione che diventa ideologia sono stati alcuni dei temi che hanno animato l’incontro al Centro Papa Luciani di Padova per la presentazione del libro La bellezza disarmata di don Julián Carrón, al quale hanno partecipato Gadi Luzzatto Voghera, di religione ebraica, docente alla Boston University, e Wael Farouq, musulmano, professore all’American University de Il Cairo e in Cattolica a Milano. Di fronte a milleduecento persone si è sviluppato un confronto tra le tre religioni monoteiste alla ricerca delle risorse per una rinascita dell’umano in un’epoca in cui prevale “il sacro nulla”.

Dopo l’introduzione di Samir Suweis, responsabile di Comunione e Liberazione, e l’ascolto di un brano composto dal pianista brasiliano Marcelo Cesena ispirato al Bacio di Giuda di Giotto (nella Cappella degli Scrovegni), Luzzatto ha risposto alla domanda di Suweis: nel libro è affrontato il tema della positività, come è possibile questo per Israele, con una storia segnata dalle persecuzioni? «Siamo sicuri che il cammino di Israele sia riducibile a una sequenza di tribolazioni, o quest’idea è il frutto di una “storiografia lacrimosa” come l’ha definita Hans Baron? Io credo che la nostra storia sia fatta di incontri, come testimonia anche il ghetto di Padova dove gli ebrei, popolo nomade, hanno scelto di stabilirsi». Il tempo non è più un elemento lineare, ma sinusoidale, fatto di tribolazioni e riscatti, e proiettato all'infinito fin quando il Signore deciderà l’avvento del Messia, ha proseguito Luzzatto con l’aiuto di alcune slide. In questo percorso l’uomo è aiutato dalla legge. «Se tu stai piantando un albero come prescrive il Capodanno degli alberi, e ti dicono che è arrivato il Messia, prima pianta l’albero, cioè fai il tuo dovere, e poi vai ad accoglierlo». Per gli ebrei la Pasqua è un momento di resilienza, non a caso si festeggiava «anche nei ghetti e durante la Shoah». Primo compito di noi uomini e donne è l’educazione, “vero atto di speranza”. In questo senso, secondo Luzzatto, una certa insistenza sulla crisi presente nel libro di Carrón potrebbe indebolire «il fondamentalismo della speranza» che vuole infonderci Bergoglio.

Farouq ha risposto invece ad un altro interrogativo: come costruire uno spazio pubblico di dialogo? La crisi dell’islam si riconosce nella latitanza del soggetto, incapace di giudizio. Per esemplificare, Farouq ha inscenato il dilemma di un ragazzo musulmano che, dopo aver acquistato un iPhone e scaricato tutto il Corano, «da musulmano diligente non sa se può entrare in bagno con un cellulare che contiene i versetti sacri. Allora, per risolvere l’impaccio, interroga via Facebook l’imam». Questa è la situazione dell’uomo, anche occidentale; la mancanza di discernimento. Esistono due alternative. Se è l’uomo a possedere la verità, la sua vita si svolge nella ricerca della purezza ed è la legge a orientarlo. «Su questa strada, la religione viene prima della persona e, attraverso le regole, può trasformarsi in un’ideologia per la quale si può morire e uccidere». Se invece l’uomo è posseduto dalla verità, si lascia cambiare dall’attrattiva della bellezza. È la strada della «personalizzazione della fede, come la chiama Carrón. Una sfida quotidiana, un’avventura che ha bisogno del perdono». Al ragazzo davanti al bagno l’imam ha risposto che se conosce i versetti del Corano può lasciare il cellulare e la sua testa fuori prima di entrare... «L’Occidente è in questa situazione. La persona è scomparsa. Nei libri si parla solo di individuo, di libertà individuali. E noi siamo come quel ragazzo: un corpo senza testa che entra in uno spazio pubblico, lasciando fuori la nostra identità».

Nel suo intervento Carrón ha raccolto le osservazioni di Luzzatto e Farouq. «Viviamo in un’epoca di disorientamento determinata dalla perdita dell’Io. Se non c’è l’imam c’è lo psicanalista, cerchiamo sempre qualcuno o qualcosa su cui scaricare la nostra responsabilità. Così abbiamo dissolto la persona in una serie di fattori: psicologici, sociologici, biologici, circostanziali, familiari che impediscono alla persona di emergere. Per mantenere l’ordine si moltiplicano le regole. Ma la morale non ha la forza di ridestare quello che Pavese chiamava il punto infiammato dell’essere. Solo lo stupore della bellezza può farlo». Carrón ha raccontato di un gruppo di universitari del movimento che in estate va in passeggiata per ammirare la montagna con una guida che si prefigge d’istruirli alla contemplazione. «Ma, man mano che si avvicinavano chiacchierando, quei ragazzi provenienti da tutto il mondo, si zittivano colpiti dallo spettacolo. L’attrattiva della bellezza vince la distrazione. Il punto infiammato è acceso senza bisogno d’istruzioni». Una falsa idea di modernità ha inteso la libertà come assenza di legami. «Invece la libertà ha bisogno di essere ridestata da un fascino. Se non c’è capacità di giudizio, se una cosa vale l’altra, posso continuare a guardare la vita dal balcone. Occorre un’attrattiva per scendere e buttarsi nella mischia».

È vero, la religione malintesa può schiacciare la persona, allora cancelliamo tutte le religioni? «Possiamo essere cristiani musulmani, atei, ebrei, ma il cuore dell’uomo è sempre lo stesso. Che cosa può ridestarlo, affinché non perdiamo la vita sopravvivendo?», ha incalzato citando Eliot. «Non tutte le realtà sono ugualmente attrezzate a rispondere. Davanti a una malattia, senza una diagnosi adeguata non si trova la terapia giusta. Dio ha indicato un metodo nella storia scegliendo Uno. Nessuno avrebbe scommesso un euro su questo metodo. Invece è avvenuto così, il Verbo si è fatto carne e qualcuno lo ha incontrato. Se il Messia non fosse arrivato si può vivere in un certo modo», ha proseguito Carrón rivolgendosi a Luzzatto. «Ma se lo sposo è presente non si può fare digiuno. Il Vangelo racconta questo metodo con una semplicità disarmante. Due uomini vanno ad ascoltare Giovanni che dice una frase strana: “Ecco l’Agnello di Dio...”. Allora gli si avvicinano: “Dove abiti?”. “Venite e vedete”. La novità sta in uno sguardo. “Quando ho incontrato Cristo mi sono scoperto uomo”, dice Mario Vittorino. È lo sguardo che tutti aspettiamo. È l’unica possibilità di rinascita di un dialogo. Per l’Europa e per il mondo. Ma noi che siamo qui», ha concluso rivolto ai presenti, «crediamo davvero nella bellezza disarmata della fede?».