L'incontro a Busto Arsizio (Varese).

Il bello che convince

Il 2 giugno Julián Carrón ha presentato il suo libro insieme al presidente della Sea, Pietro Modiano. Sul palco, un dialogo pieno di interrogativi sulla storia (personale e collettiva) come sull'oggi. E il fascino di un'amicizia
Stefania Mondaini

Che cosa è accaduto questa sera? È la domanda che accompagna uscendo dall’incontro di presentazione del libro di Julián Carrón: La bellezza disarmata. Sul palco, Pietro Modiano, presidente della Sea, e l’autore stesso. Davanti a centinaia di volti che hanno riempito il Teatro Sociale di Busto Arsizio, Andrea Franzetti, che coordina, avvia il dialogo chiedendo a Modiano che cosa l'ha colpito nella lettura, che cosa ha trovato che valga per lui.

La cifra della serata è già nelle prime battute: «Non è per mestiere che sono qua», risponde Modiano: «Ho accettato perché son contento di ascoltare Julián Carrón e perché l’esser qui mi ha costretto a rileggere il libro, non tutto d’un fiato come avevo fatto… Rileggendolo, ne scopro la densità e cose che non avevo visto». La risposta si dipana in un racconto che chiama in causa la storia personale e le domande del presente. La questione del “crollo delle evidenze” è uno stato d’animo che Modiano dice di conoscere bene e da cui si sente sfidato nella sua storia.
Un senso collettivo di smarrimento, di “spaesamento” (secondo la descrizione del sociologo Marco Revelli); lo svanire del paesaggio in un mondo “non familiare”, che non corrisponde alle speranze e alle lotte degli anni giovanili. Il paradiso in terra dell’internazionalismo socialista per cui si è lottato e sperato non si è prodotto, ma non si è compiuto nemmeno l’altro paradiso, quello del mercato liberale. Come, dopo il crollo del muro di Berlino, il mondo è apparso un complesso senza baricentro, così la crisi del 2008 dice chiaramente che qualcosa si è rotto.

Dunque, chiede Modiano, «come si fa a vivere così?». Una domanda che apre al paragone. Il primo spunto è la posizione di Giussani sul ’68: «Noi ci pensavamo i buoni», dice Modiano, «voi proponevate qualcosa di più durevole, la tradizione del movimento insegna a fare i conti con i tornanti della storia». “Noi” e “voi” che non suonano come contrapposizione, ma che colpiscono come luogo di un dialogo iniziato, che non toglie nulla della storia personale ma che mostra un uomo che è incuriosito da una novità.
Carrón, come sottolinea Modiano, propone un ritorno alle origini del cristianesimo. I primi cristiani in un mondo “plurale” simile al nostro non erano Chiesa trionfante; l’attrattiva della corrispondenza è il punto da cui ricominciare, qualcosa di bello che convince, che si afferma in forza della sua verità affidandosi alla libertà della persona. Ma come tornare alle origini assumendo nel contempo tutto il bene che può essere valorizzato della modernità? E ancora, esaltando la libertà come non sfociare nel relativismo? Cosa c’entra la libertà con la verità?

Due passaggi restano nella testa. La ripresa del giudizio sull’Editto di Tessalonica è lo spunto per cogliere nel testo la possibilità di un cammino nuovo, che si confronta con la tentazione della verità come egemonia. Modiano racconta la sua scoperta della religiosità come “diritto umano”, per cui la libertà non può essere semplicemente quella della pratica religiosa. Il senso religioso è patrimonio costitutivo dell’umano da difendere come valore irriducibile, pena la mortificazione dell’umano stesso.
Secondo passaggio: la domanda sul rapporto tra identità ed accoglienza attraverso l’immagine del muro. La difesa dell’identità apre le porte all’accoglienza o alla costruzione di muri? Nella storia abbiamo visto affermare in più momenti il valore della tolleranza ma, per Modiano, l’accoglienza è altro: «È chiesta all’umano». Nella citazione del parroco di Lampedusa - «dove non ci sono più confini si alzano i muri» - emerge la storia di un’Europa in cui confini e muri son stati la medesima cosa (affascinanti gli esempi, dalle mura cittadine alla protezione delle chiese), l’idea di abbattere i muri fa paura perché sono parte della nostra identità.

Come affermare le identità senza negare la pluralità? È una fatica questa che Modiano riconduce alla domanda sulla misericordia. Siamo cresciuti in un mondo che ci difendeva ed ora invece chiede apertura. La misericordia deve essere sia per chi arriva sia per chi alza i muri (l’immagine evocata è quella di Gesù davanti al Grande Inquisitore di Dostoevskij).
È questo il fascino della sfida di una “bellezza disarmata”, libera dal potere.
Mentre Modiano conclude il suo intervento colpisce vedere come Carrón lo guarda, con una simpatia totale, è evidente un’amicizia pienamente umana tra due persone ciascuna nel proprio punto di cammino.

Ed è da qui che comincia il contributo di Carrón, dall’esperienza di bellezza che si manifesta proprio nei dialoghi nati dalle presentazioni di questo libro.
L’ideologia del progresso è stata smentita, la complessità del presente è una sfida per tutti, la paura viene dal fatto che è accaduto ciò che non prevedevamo. Un progresso addizionabile vale solo per il campo materiale, nell’ambito morale non funziona così, perché la libertà umana è sempre nuova, ogni generazione può attingere al patrimonio del passato oppure rifiutarlo.
Da dove si riparte? Proprio dalla scoperta della libertà. L’imporsi della libertà come assenza di legami ha avuto un esito paradossale: la paura della propria libertà.
C’è qualcosa per cui valga la pena di metterla in gioco? La domanda non è risparmiata a nessuno.

Carrón torna ad offrire il contributo di don Giussani: l’esperienza della libertà fa scoprire la verità nell’emergere della religiosità come espressione dell’infinità del desiderio umano. Ci si accorge di trovare quel che si cerca quando il proprio desiderio si compie. «La verità non ha bisogno di muri», dice Carrón, «per la sua stessa natura si sostiene solo per una pienezza nel presente».
Ma cosa può compiere tutto il desiderio sconfinato che la religiosità porta con sé? Il compito della Chiesa oggi è il compito di Gesù, l’esaltazione del senso religioso. Il muro è un tradimento verso Chi può realmente riempire. Dio cambia il mondo mandando suo Figlio nudo, ma a noi pare fallimentare. L’identità cristiana è amore all’altro ben oltre l’idea generica di tolleranza, è il riconoscimento dell’altro come amore al bene. Un cammino che Carrón non esita a definire affascinante.

La serata volge al termine, appena il tempo di un’ultima battuta. Franzetti chiede cosa significa «disarmare».
La risposta di Modiano è proprio disarmante, tanto da strappare a Carrón un applauso: «L’arma di cui liberarsi è quella dell’uso del potere per affermare la verità. Il potere comprime la ricerca della verità. Non è detto che si venga risarciti dello sforzo, ma ne vale comunque la pena». Giudizio condiviso da Carrón che chiude ricordando che la sfida si affronta offrendo la testimonianza di una vita che diventa più vita. E che per questo risulta essere convincente.