La presentazione de La bellezza disarmata a Reggio Emilia.

«Oltre la logica che guarda al passato»

Il libro di Julián Carrón presentato nella città emiliana dall'autore con il critico Sandro Parmiggiani e Giuseppe Alai, presidente del Banco Cooperativo. Un testo che è una «strada laica, quindi religiosa», che invita a riprendere un cammino
Emilio Bonicelli

«Considero la bellezza come la più importante strada di comunicazione della verità e del senso autentico del vivere. Una strada laica, e per questo autenticamente religiosa, sulla quale si ritrovano compagni di cammino ogni uomo e ogni donna a qualunque latitudine e in qualunque tempo. Tutti, indipendentemente dalla nostra storia personale, dalla nostra appartenenza politica, religiosa, sociale, siamo feriti dalla bellezza: guardando una montagna, un fiore, il mare, un tramonto, leggendo una poesia o ascoltando una musica, più ancora entrando nell’esperienza dell’amore gratuito, riconosciamo una corrispondenza misteriosa con il nostro essere più profondo». Con queste parole monsignor Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, ha introdotto l’incontro di presentazione del libro di don Julián Carrón, La bellezza disarmata, nell’aula magna dell’Università della città emiliana, gremita da oltre quattrocento persone, tra cui autorità civili e religiose, domenica 11 dicembre.

Il testo di Carrón, secondo Camisasca, disegna «un percorso che parte dalle sfide e dalle provocazioni che la realtà storica in cui viviamo ci pone e paragona tutto con le domande più importanti che ognuno di noi ha nel cuore. Un percorso lungo il quale nulla viene dato per scontato, tanto meno la fede che abbiamo ricevuto dai nostri padri, e che anzi è chiamata a mostrare, nell’incontro con la realtà concreta del nostro tempo, la sua pertinenza alla vita».

Circa il titolo del libro, Camisasca ha sottolineato che «bellezza disarmata, non vuol dire rinunciare ad una presenza nel mondo, tutt’altro! Disarmata vuol dire che essa non può mai sposare logiche mondane: la logica del potere per il potere, del denaro, della sopraffazione sull’altro. Proprio perché disarmata, non può mai rinunciare alla testimonianza di quei beni che costituiscono il cuore della sua vita: la fede, la speranza e la carità. Le migliaia di martiri cristiani che in questo ultimo periodo della storia segnano così fortemente la bellezza della fede, testimoniano proprio, nel loro paradosso, che il cristianesimo si oppone a ogni logica che guarda al passato, come le guerre, le uccisioni degli innocenti, la chiusura nelle ideologie (che rinascono sotto nuove forme), ma apre al futuro, verso la creazione di una nuova sintesi in cui i cristiani, se vorranno e se ne saranno capaci, potranno dare un contributo fondamentale al bene di tutti».

All’incontro, coordinato da Andrea Ferrari, responsabile della comunità di Comunione e Liberazione nella diocesi di Reggio Emilia, oltre al Vescovo e all’autore del libro, erano presenti il critico d’arte, Sandro Parmiggiani, e il presidente del Banco Cooperativo Emiliano, Giuseppe Alai.

«Durante la preparazione di questo evento» racconta Massimo Rocchi, responsabile del Centro culturale "Blaise Pascal", tra i promotori dell’iniziativa «abbiamo avuto l’opportunità di incontrare numerose persone che non conoscevamo: imprenditori, politici, sportivi, giornalisti, a cui abbiamo regalato il libro, chiedendo di leggerlo per condividere insieme quanto la lettura avrebbe suscitato. Sono nati così nuovi rapporti da cui siamo stati reciprocamente arricchiti. Significativi anche i momenti di diffusione pubblica dell’invito, come quello nel centro storico di Reggio Emilia in occasione della festa dell’Immacolata, l’8 dicembre. È stato un cammino che ci ha cambiati insegnandoci un metodo: amare la nostra storia e la nostra compagnia sconfigge i timori e le paure e ci apre agli altri perché anche essi possano vivere la bellezza che viviamo noi».

Nel suo intervento Sandro Parmiggiani ha spiegato di essere stato “titubante” nell’accettare l’invito a partecipare all’evento, «perché ero convinto di dovermi confrontare con qualcosa di più grande di me, che sono un cristiano intermittente e zoppicante». Se ha detto sì è solo perché è stato affascinato dal titolo ed ha spiegato: «Da tempo non mi basta più l’abusata, troppo ricorrente citazione della frase che Dostoevskij mette in bocca al principe Miskin ne L’idiota, “la bellezza salverà il mondo”. Per cercare di avvicinarci al cuore della bellezza in modo nuovo ci sono nel libro molte suggestioni qua e là disseminate, che fanno riferimento al tema dell’infinito e “dell’inestinguibile aspirazione nostalgica verso l’infinito” di cui parla Ratzinger nel 1996, e ancora Leopardi e Pavese, e all’idea di mistero, a proposito del quale si riportano le parole di Hannah Arendt e le parole di don Giussani, “il reale mi sollecita a ricercare qualcosa d’altro, oltre quello che immediatamente mi appare”». Ma la bellezza, ha concluso Parmiggiani «non è solo armonia, rispetto a dei canoni classici. Esiste anche una bellezza sofferente. Jean Genet, dopo avere visitato l’atelier di Alberto Giacometti, scrive: “Non v’è altra origine, per la bellezza, che la ferita, individuale, irripetibile, celata o visibile, che ogni uomo custodisce in sé”».

Nel suo intervento Giuseppe Alai ha posto alcune domande a Carrón toccando i temi del dialogo, «cui dovremmo allenarci, perché la noia, la fretta o il giudizio sull’altro ci fanno perdere questa bellezza»; della responsabilità, «per migliorare la cultura dell’appartenenza comunitaria, che non significa stare fermi nel gregge»: della solidarietà, «ridotta spesso a lava-coscienza mentre dovrebbe puntare a favorire la vera dignità della persona».

Come risposta Carrón ha spiegato il crollo delle evidenze e la perdita di spessore di alcune grandi parole come responsabilità e solidarietà, citando un intervento dell’allora cardinale Ratzinger a Subiaco: «Nell’epoca dell’Illuminismo, nella contrapposizione delle confessioni e nella crisi incombente dell’immagine di Dio, si tentò di tenere i valori essenziali della morale fuori dalle contraddizioni e di cercare per loro una evidenza che li rendesse indipendenti dalle molteplici divisioni e incertezze delle varie filosofie e confessioni». Il tentativo di mantenere queste evidenze, come rassicuranti certezze condivise, a prescindere dal cristianesimo che le aveva generate, è però fallito. Ci troviamo così in una “situazione inedita” che genera insicurezza e paura in tutti gli aspetti del vivere. Ma questa crisi epocale non deve essere percepita solo come negativa, perché, come ha scritto Hannah Arendt, una crisi «ci costringe a ritornare alle domande ed esige da noi risposte nuove o vecchie purché scaturite da un esame diretto e si trasforma in una catastrofe solo quando noi cerchiamo di farvi fronte con giudizi preconcetti».

L’attuale crisi in particolare ci rende tutti più disponibili al dialogo e rimette in gioco il rapporto tra libertà e verità. Da una parte infatti la verità, come scritto nella Dignitatis Humanae, «non si impone se non per la forza della verità stessa» (dunque la bellezza è disarmata), e dall’altra non basta l’assenza di vincoli per muovere la libertà (occorre invece una ragione sufficientemente valida e attraente per muoversi).

Concludendo Carrón ha posto a sua volta alcune domande: che cosa ha da dire il cristianesimo di fronte a questa sfida? Che cosa stiamo offrendo ai giovani perché possano muovere tutta la loro libertà?, e ha aggiunto: «Siamo chiamati a mostrare e testimoniare che il cristianesimo oggi può dare un contributo decisivo in una situazione come questa, in cui tutti i valori della società rischiano di diventare irreali perché hanno perso il legame con la vita nuova che li ha generati. La bellezza disarmata è una modalità di questa testimonianza che può far risplendere un’attrattiva, in grado di muovere la libertà e dare risposta alla sfida presente che ci coinvolge tutti». Una provocazione che ha toccato in modo positivo tutti i presenti sollecitandoli alla ripresa di un cammino.