Le locandine dei film.

Dietro ogni volto, un mondo

"Il tempo si è fermato", "Il posto", "I fidanzati". Tre film girati negli anni Sessanta da un regista fuori dagli schemi: Ermanno Olmi. Storie di vita diverse con uno sguardo profondo che indaga dentro al quotidiano
Luca Marcora

Uno sguardo indagatore, attento al dettaglio, che ultimamente dichiara una visione positiva dell’uomo e della storia, certamente dovuta a una profonda fede. È questo che colpisce dei primi lungometraggi di Ermanno Olmi; un regista fin da subito fuori dagli schemi, come lo descrive lo storico del cinema Gian Piero Brunetta: «Figura appartata, solitaria, anomala: non ha avuto maestri, non ha mai messo piede a Cinecittà, non ha seguito un regolare cursus professionale», ma ha imparato il mestiere alla scuola del documentario, in particolare quello industriale. Nel 1953 alla Edison Volta fonda la sezione cinema e realizza per dieci anni documentari attraverso cui mostra la realtà della fabbrica e gli uomini che vi lavorano. I suoi sono racconti di una realtà lavorativa non osservata da un punto di vista esterno ma vissuta in prima persona, talmente ricchi di verità che proprio Roberto Rossellini, padre del Neorealismo cinematografico, ebbe a dire che “questo modo di fare cinema significa scoprire il mondo”.
Il passaggio al lungometraggio di finzione avviene proprio come naturale proseguimento di questo cinema: Il tempo si è fermato nasce come documentario sulla sorveglianza di una diga, ma Olmi lo trasforma nel racconto della convivenza dei due guardiani invernali di età molto differente (Rossi e Seveso, attori non professionisti come lo saranno anche quelli che prenderanno parte alle due pellicole successive), inserendo questa scarna vicenda in un ambiente montano tanto spettacolare quanto impervio e difficile, ma mai ostile verso l’uomo. Il successivo Il posto racconta la scoperta della metropoli di Milano da parte di un giovane brianzolo (Panseri) che vi si reca per cercare il posto di lavoro. È l’incontro tra un ragazzo la cui innocenza traspare ancora dagli occhi e l’ambiente urbano del boom economico, colto però come occasione favorevole per la vita, come possibilità di nuovi incontri e forse anche di un primo, timido innamoramento per una ragazza conosciuta al colloquio di lavoro (Loredana Detto, che diventerà la moglie dello stesso Olmi), senza però chiudere gli occhi di fronte alle storture e all’alienazione che questo tipo di società già produce e che il regista mostra soprattutto attraverso le figure dei colleghi più anziani. Ne I fidanzati invece il racconto ruota attorno al rapporto, ormai corroso dall’abitudine, tra Liliana (Canzi) e Giovanni (Cabrini); quando quest’ultimo viene trasferito da Milano in un nuovo stabilimento in Sicilia, sarà per entrambi l’occasione di ripensare il loro rapporto e le motivazioni del loro stare insieme. Anche qui Olmi, pur permettendosi di scombinare la normale linearità della narrazione, osserva i suoi personaggi con il solito sguardo attento per cogliere nei volti dentro l’inedita realtà industriale siciliana quei lampi di verità che illuminano il vero cuore della coppia.
Sempre Gian Piero Brunetta ha così sintetizzato la poetica e lo stile del primo Olmi: “Come pochi sa attendere la luce che si sprigiona dagli occhi dei suoi interpreti. Il suo sguardo, almeno fino ai primi anni Ottanta, rivela la capacità di osservatore partecipe e cantore della quotidianità dei comportamenti. Il volto per lui è come un paesaggio mutevole che conserva le tracce delle condizioni di vita degli individui. La storia è concepita su scala minima nella quale si ritrovano gesti, comportamenti, modi di comunicare propri di milioni di persone: ogni immagine sembra aspirare sempre più a racchiudere il senso di una memoria che si sta perdendo”.
Certe situazioni, certi ambienti attraversano tutta la carriera del regista bergamasco fino anche al tanto discusso Centochiodi del 2007, dove però – al di là del discorso su un cristianesimo visto come troppo intellettualistico e dogmatico – lo sguardo positivo sul mondo sembra aver ceduto il passo alla nostalgia e al rimpianto proprio di quel passato ormai irrimediabilmente perduto già evidenziato da Brunetta. Rivisiti oggi, questi primi film invece conservano ancora tutta la loro freschezza e il genuino stupore della scoperta di un mondo in totale cambiamento, ma che sembrava ancora contenere una promessa di bene per ogni uomo.

Il tempo si è fermato (IT 1959) con Natale Rossi, Paolo Quadrubbi e Roberto Seveso
Il posto (IT 1961) con Sandro Panseri e Loredana Detto
I fidanzati (IT 1963) con Carlo Cabrini e Anna Canzi
regia di Ermanno Olmi
DVD: O1 Home Entertainment