I ragazzi del Centro educativo, Salvador de Bahia.

A scuola per dieci reais

A luglio è stato inaugurato un Centro educativo a Salvador de Bahia. Una scuola dove i ragazzi imparano la matematica, il portoghese, l'arte e l'informatica. E non solo. A ricreazione tornei di dama e calcetto, «perché vedano un ordine nella quotidianità»
Paola Bergamini

A luglio a Salvador de Bahia ha aperto i battenti il Centro educativo. Per quindici giorni uno striscione con la scritta “Iscrizioni” è campeggiato all’entrata della struttura che dal 2000 ha ospitato il doposcuola gestito da Avsi e da amici del movimento. Un luogo che in tutti questi anni è stato un punto di riferimento sicuro per le famiglie e di incontro dell’esperienza cristiana per i ragazzi che vi hanno trascorso le loro giornate. Una storia che continua, quindi per le mamme di Salvador de Bahia che si sono messe in coda per iscrivere i propri figli. Racconta Paola Cigarini, da anni in Brasile e coordinatrice del Centro: «Visto il degrado in cui versa l’istruzione pubblica brasiliana, ci si è resi conto che non era più sufficiente togliere i ragazzi dalla strada, far fare loro i compiti, era necessario offrire a questi un supporto scolastico adeguato. Da qui l’idea di dare vita al Centro educativo». Nelle scuole primarie del Paese sudamericano, infatti, mancano materiali, insegnanti, le aule sono sovraffollate, praticamente i bambini “transitano” sui banchi senza imparare. E tutti vengono tranquillamente promossi, tanto che ci sono ragazzi che arrivano a 15 anni senza saper leggere né scrivere. Sono i cosiddetti analfabeti di ritorno. Questa la situazione. Ma come affrontarla? Continua Paola: «Don Carrón ci aveva detto: “Non bisogna accontentarsi di svolgere attività, di fornire nozioni, è necessario dare degli strumenti a questi ragazzi per affrontare il mondo in cui vivono”. Ecco, questo è stato il punto ideale da cui siamo partiti per costruire quest’opera educativa. E che abbiamo sempre nel cuore». Un progetto condiviso dalla Fondazione Umano Progresso della famiglia Abbondio, che da anni opera in Brasile, e che ha deciso di assumere la gestione economica di questa nuova avventura educativa.
Ogni giorno 60 bambini al mattino e 80 al pomeriggio - in turni opposti rispetto alla scuola che in Brasile, per l’alto numero di alunni, copre l’arco della giornata - fanno i compiti, studiano portoghese, matematica e una volta alla settimana informatica e arte. Quattro ore di scuola. Quella vera. E gli insegnanti? «Normalmente i docenti nella scuola primaria sono quelli che qui in Brasile vengano chiamati pedagoghi, persone cioè che hanno studiato le teorie dell’educazione, ma non sanno le materie. Invece ho voluto che a insegnare fossero professori di matematica e di portoghese».
Gli alunni dai 6 agli 11 anni che frequentano il Centro sono divisi per fasce di età in classi da venti. Con qualche eccezione. «Sì. Ci siamo accorti ad esempio che dieci ragazzini scalmanati e già grandicelli avevano un livello di alfabetizzazione praticamente da prima elementare. Cosa fare? Metterli insieme ai piccoli non se ne parlava. Abbiamo smembrato la classe formandone una ad hoc per loro». Ognuno di questi bambini ha alle spalle situazioni famigliari difficili: si contano su una mano quelli che hanno padre e madre. Per gli altri ci sono solo le mamme. Spaccio, droga e delinquenza sono per le strade e dentro le favelas dove vivono. «I primi giorni di scuola la ricreazione era il momento della più totale confusione. Non erano capaci di giocare insieme. Si davano ad esempio delle grandi botte mimando, nei particolari, un inseguimento tra polizia e trafficanti. Era quello che vedevano. Non si poteva andare avanti così. Abbiamo organizzato tornei di dama e di calcetto. Siamo stati con loro conoscendoli più da vicino. È cresciuto l’affetto, la stima. Ma soprattutto hanno imparto che c’è un ordine nella quotidianità. E questo ordine ha un valore perché aiuta a crescere, a imparare. A essere contenti. Così non è scontato al mattino dire insieme che giorno è, che è finita la prima ora di matematica e inizia la seconda di portoghese. Ho imparato io in prima persona a non dare nulla per scontato».
Per ogni bambino, oltre ai documenti, all’atto dell’iscrizione sono stati chiesti 10 reais (un po’ meno di 5 euro). «Una cifra bassissima, ma, ce lo ha insegnato Cleuza, ognuno deve fare la sua parte. Se tu non permetti all’altro di farla non lo aiuti. Anzi, lo denigri», conclude Paola.
E la lista di attesa delle mamme pronte a versare i dieci reais per permettere ai propri figli di frequentare il Centro educativo è molto lunga…