La mostra allestita ad Ancona.

Noi, un pezzo di pane e quei 36 pannelli

Il 3 settembre, l'apertura del Congresso Eucaristico. Grazie ad una mostra alcuni amici hanno iniziato da mesi a vedere «cosa c'entra quel sacramento con la vita di tutti i giorni». Scoprendosi «grati, alleggeriti e commossi»
Carla Silenzi

Quando è arrivata la notizia che il Congresso Eucaristico si sarebbe svolto in settembre ad Ancona, io e i miei amici abbiamo avvertito subito che ci avrebbe riguardato. Reazione non scontata, ma fondata sull’esperienza di convenienza che ciascuno di noi ha vissuto nei gesti ecclesiali proposti dal movimento e per il rapporto pieno di stima e di amicizia costruito in questi anni con il nostro Arcivescovo.
Nei dialoghi tra noi sono iniziate ad emergere alcune domande: «Che significa per me questo Congresso? Che c’entra l’Eucarestia con la vita di tutti i giorni?». Così, nell’ardere sincero e vivace di queste domande, abbiamo scoperto che alcune persone del movimento avevano preparato una mostra sull’Eucarestia: 36 pannelli che sarebbero stati presentati in gennaio ad Ancona al Consiglio permanente della Cei.
Il bisogno di trovare una strada per vivere questa circostanza con tutto lo spessore della nostra umanità ha subito preso la forma di una telefonata e un invito a trovarci a cena con i curatori della mostra: don Filippo Belli, Eugenio Dal Pane e Sandro Chierici, arrivati ad Ancona in una domenica di gennaio per la presentazione ufficiale ai delegati Cei.
A cena, in un clima di amicizia e familiarità immediata, sono venute a galla le domande che ci premevano e il dialogo è cresciuto di intensità anche davanti ai piatti di pesce.
Quello che ci ha stupito è stato vedere tre persone così diverse che non hanno messo insieme delle competenze specifiche, ma sono in gioco con tutto il loro io. Ed è stato uno spettacolo ascoltare il racconto della preparazione della mostra, che si è costruita a partire dalla commozione personale di fronte all’incontro con Cristo e nell’amicizia che è contributo e correzione reciproca.
Man mano che il dialogo andava avanti ci siamo sentiti grati, alleggeriti e commossi, perché era evidente che ciò di cui abbiamo bisogno per stare di fronte a questo evento non sono risposte preconfezionate o istruzioni per l’uso, ma la commozione di un io che è la stessa di Zaccheo quando si è sentito dire da Gesù: «Oggi devo fermarmi a casa tua».
Dopo cena siamo andati a vedere la mostra. Il drappello di amici seguiva, in un silenzio attento e commosso, una specialissima visita guidata fatta dai tre curatori che non spiegavano, ma esprimevano davanti a noi l’esperienza del rapporto personale con Lui. Alla fine la decisione era presa: avremmo ospitato ad Ancona la mostra, come strumento per noi e proposta a tutti per il Congresso Eucaristico.
In maggio, nella splendida cornice di Santa Maria della Piazza, vicinissima al porto, abbiamo allestito la mostra e per tre settimane questo luogo è diventato un punto di incontro per tantissima gente, anche turisti, che spesso sono entrati attirati dalla bellezza della chiesa romanica, per poi rimanere incuriositi nel vedere qualcuno che li ha accolti proponendo loro il percorso della mostra.
Il timore e il senso di inadeguatezza avvertiti da tutti noi, che ci eravamo resi disponibili a fare da guide, si sono sciolti di fronte all’invito che ci ha rivolto don Filippo Belli: «Quello che comunicate non è ciò che sapete ma ciò che vi ha commosso: lasciatevi colpire da ciò che sta accadendo».
E gli incontri di queste settimane sono stati stupefacenti. Eccone alcuni: una giovane coppia, dopo essersi fatta accompagnare nel percorso, ha chiesto come trovare un sacerdote per il corso di preparazione al matrimonio, sacramento che non avevano pensato di celebrare fino a quel momento. Una signora di una certa età, invece, all’ultimo pannello ha chiesto impaziente e stupita al nostro amico che l’aveva accompagnata: «Ma lei come fa a sapere queste cose? Chi gliele ha dette?». Sono domande che tanti di noi si sono sentiti rivolgere, e sono state un contributo grande per prendere coscienza della novità umana che portiamo, piena di ragioni e di esperienza.
Una nostra giovane amica, che aveva invitato i suoi compagni di scuola, ci raccontava che il suo iniziale impaccio nel passare dai pannelli della “smisurata indigenza”, che descrivono l’attesa e l’inquietudine di ogni cuore umano, a quelli sull’impossibile e imprevedibile risposta presente in un pezzo di pane, era stato bruciato dalla sua disponibilità a mettersi interamente in gioco lì con la propria umanità. È per questa disponibilità che è possibile commuovere anche chi non prende mai l’Eucarestia, perché l’esperienza che l’altro vede in noi è troppo corrispondente e vera.
L’efficacia e la grazia del sacramento sono state bene espresse dal nostro Arcivescovo, monsignor Menichelli, che è anche presidente del comitato organizzatore del Congresso. Nella presentazione al catalogo, ha detto che «la mostra ci pone davanti non solo al Mistero, ma davanti a un Mistero contemporaneo, perché nel Cristo, pane della vita, Lui è contemporaneo all’uomo e l’uomo, se vuole trovare salvezza, non può che prendere quel pane in cui Cristo si è posto facendosi contemporaneo a ogni generazione».
Che attenzione e silenzio si è creato quando monsignor Edoardo Menichelli, invitato per la presentazione pubblica della mostra a maggio, ha esordito leggendo dal Vangelo il brano di Zaccheo. In una sala gremita lo abbiamo visto provocato totalmente dalla circostanza del Congresso Eucaristico, che può rischiare di essere vissuta come una imponente macchina organizzativa, mentre in lui è occasione per riaffermare che ciò che abbiamo di più caro nel cristianesimo è la persona di Gesù e il desiderio e la necessità di conoscerlo. Che sorpresa ha suscitato in noi vederlo rimanere a tutto l’incontro, fermandosi ad ascoltare gli interventi dei curatori e prendendo appunti in continuazione. Un contributo, quello della mostra, che monsignor Menichelli ha fatto suo indicando a tutti di visitarla in preparazione al Congresso. Un pomeriggio ci ha stupito vederlo arrivare con un folto gruppo di catechisti provenienti da diverse province d’Italia, che desiderava vedessero la mostra.
Anche per chi tra di noi ha partecipato in questi mesi ai gruppi di lavoro sulle tematiche del Congresso è stato evidente che ciò che ci ha consentito di vivere tali momenti con libertà era l’esperienza personale di una pienezza e di una appartenenza che faceva sorgere domande, risvegliava l’umano e metteva tutti al lavoro a partire dal Fatto che ci accomuna. Proprio come dice san Paolo: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane».
«Questa Eucarestia è un pane duro da comprendere oggi», una frase spesso ripetuta dal nostro Arcivescovo, che con tenacia, paternità ed affezione in questi mesi si è speso in tantissime occasioni esprimendo non raccomandazioni ma domande: «Ma noi ci crediamo? Come possiamo capire il paradosso di un uomo presente in un pezzo di pane?». Gli stessi apostoli di fronte a Lui non capivano, ma la risposta di Pietro alla provocazione di Gesù, «volete andarvene anche voi?», sgorga dall’esperienza fatta nell’incontro con Lui, una corrispondenza e convenienza verificabili da subito. Per gli apostoli allora, come per noi oggi, la risposta di Pietro esprime la posizione della fede cristiana, una libertà secondo ragione.
Noi i primi frutti del Congresso Eucaristico li stiamo già gustando per questa maggiore consistenza, libertà e letizia sperimentata in questi mesi.