Il beato Rolando Rivi.

«Rolando ha vinto il mio scetticismo»

A Palermo, per due settimane è stata esposta la storia del seminarista emiliano, ucciso "in odium fidei". La spiegazione dei bambini, la rappresentazione teatrale, la curiosità dei parrocchiani... Una vita nata oggi intorno a un fatto di settant'anni fa
Maria Pia Zito

Alcuni mesi fa Angela Maria mi ha chiesto: «Che ne pensi se facciamo venire a Palermo la mostra su Rolando Rivi?». Di fronte a quella domanda sono rimasta perplessa e al fondo del mio cuore scettica. Primo perché conoscevo appena la figura di questo beato; e poi perché le poche notizie che avevo sulla sua vita mi facevano pensare che questa figura fosse poco adatta al nostro contesto cittadino e parrocchiale, del centro storico di Palermo.

Superando il sentimentalismo, da cui talvolta mi faccio prendere, mi sono fatta guidare dall’amicizia con le persone che lavorano con me da alcuni anni in parrocchia. C’era bisogno, innanzitutto, di una “base operativa certa e concreta” su cui contare, che ci è stata offerta proprio dal nostro parroco, don Carmelo, che, a differenza mia, aveva visto la mostra al Meeting di Rimini e ne era rimasto molto colpito.

È nata, così, una sorta di aggregazione chiamata “amici di Rolando Rivi”, costituita da poche persone impegnate a cercare altri sostegni per consentire la realizzazione della mostra. A questo gruppo si è aggiunta Letizia, una catechista della parrocchia di San Basilio Magno, che ne aveva parlato con don Giuseppe, il suo parroco, il quale si è subito reso disponibile ad ospitarla, dicendo: «Poiché non abbiamo locali parrocchiali idonei, la esporremo in chiesa».

A questo punto mancava ancora un tassello: Rolando Rivi era un giovane seminarista morto in odium fidei, proprio come padre Puglisi, per questo era opportuno parlarne anche con don Silvio, rettore del seminario arcivescovile. Siamo andate in tre, ma eravamo titubanti perché pensavamo che la storia di questo ragazzo potesse interessare poco ai seminaristi di oggi, apparentemente così lontani e diversi da Rolando. E, invece, la proposta è stata accettata con grande disponibilità.

Si poteva partire: avevamo ben tre luoghi dove esporre la mostra e il "Centro Studi Cammarata di San Cataldo" ci avrebbe aiutato a coprire parte delle spese. Un’altra circostanza favorevole si è presentata subito dopo: la mostra è giunta a Palermo proprio in occasione della Prima Comunione dei numerosi bambini che avevano frequentato quest’anno i corsi di catechismo.

La mostra ha messo in moto, anche contro il mio scetticismo, energie e opportunità impensabili, a partire da quelle dei ragazzi che, da spettatori, sono diventati accompagnatori e guide per i più grandi, invitando soprattutto i genitori a visitarla. Alla fine della messa domenicale c’era la fila con tutti i papà e le mamme “costretti” dai figli a visitare la mostra e ad accorgersi, con grande meraviglia, dell’interesse che la figura del seminarista aveva suscitato in loro.

Casualmente, il 29 maggio, data in cui papa Francesco ha canonizzato il beato Rolando Rivi stabilendone il giorno della memoria, la mostra era ancora in parrocchia. «Come celebrare l’evento?», ci siamo chieste. La risposta, gratuita e inattesa, è arrivata da Caterina, che in poco tempo ha organizzato con i ragazzi dell’Azione cattolica una rappresentazione teatrale della vita di Rivi.

Il coinvolgimento dei bambini, attori o spettatori poco importa, è stato grandissimo. E la figura di un giovane seminarista morto quasi settant’anni fa in Emilia è divenuta familiare e contemporanea, così da essere per tutti un esempio di fede cristiana.
Questo lavoro che ha accomunato grandi e piccoli nell’organizzazione della recita è stato molto importante perché ha creato in parrocchia un clima di simpatia e di amicizia tra tanti che prima ci conoscevano appena.

Ma i “miracoli” non finiscono qui: bisogna ricordare quelli accaduti tra i seminaristi, che ci hanno ringraziato per aver fatto conoscere una persona così significativa per il loro percorso di fede, facendone oggetto di studio e di giudizio per il loro percorso formativo. Ancora, quelli che si sono verificati tra i bambini del “Centro Filippone”, un’associazione di volontari che da anni è presente nel quartiere “Capo”, sotto la guida materna e amorevole di Aurora. I bambini ospitati della struttura, dopo aver conosciuto la figura del loro coetaneo Rolando, si sono mossi, coinvolgendo tante persone del quartiere, fino a spiegare la mostra anche ai visitatori del seminario che si trova poco distante dal centro.

Altro miracolo è accaduto nella parrocchia di San Basilio. Nella mostra allestita all’interno della chiesa, Rolando ha potuto “partecipare” a tutti i momenti liturgici delle settimane, posto sull’altare maggiore anche durante l’esposizione del Santissimo Sacramento, tra la curiosità e l’interesse di tanti parrocchiani.
Insomma, nel corso delle due settimane di permanenza a Palermo il beato Rolando Rivi ha “lavorato molto” e molti sono stati i frutti del suo operato.

Personalmente, sono stata costretta a vincere lo scetticismo di chi crede di avere capito ormai tutto della vita e del cristianesimo. I tanti bambini incontrati per l’occasione mi sono stati maestri di semplicità nella fede e di amicizia spontanea. Ho capito di più perché il Signore ci chiede di essere come bambini e che ciò può e deve avvenire in ogni anno della vita. Molto dipende dal mio cuore, molto dipende anche dagli amici con cui condivido il cammino di fede.

La mostra è “finalmente” partita e sono finite le convulse giornate di organizzazione. Ora siamo tutti desiderosi di un po’ di riposo, ma l’avventura non è finita perché, come ha detto il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, monsignor Massimo Camisasca, non si è esaurita «la fila di uomini e donne, bambini e bambine, che, conoscendo la sua storia, incontrano Gesù e come Lui decidono di seguirlo e offrirgli la propria vita».