Giacomo Poretti e Franco Nembrini dopo l'incontro.

«Ecco cosa io, Giacomo, ho di più caro»

Alla kermesse il comico in trio con Aldo e Giovanni partecipa ad un dialogo con Franco Nembrini. Raccontando le sue domande, cosa scopre in ciò che affronta e il suo cammino di fede. Fino a fare una proposta spiazzante
Fabrizio Rossi

«Se sono qui è perché quando guardo mio figlio mi chiedo: cosa posso trasmettere io?». Parte fuori da ogni schema l’appuntamento che ieri al BergamoIncontra ha messo insieme sul palco Franco Nembrini e Giacomo Poretti. Il rettore di una scuola nella Bergamasca e il comico del trio con Aldo e Giovanni. Un insegnante che ha passato la vita tra gli alunni, spiegando Dante e Leopardi, e un attore che i ragazzi li ha sempre raggiunti con la tv o il cinema. Attraverso una risata. E che ora, invece, dimostra di saper fare anche sul serio. Per esempio accettando l’invito a confrontarsi sul tema: “Ciò che abbiamo di più caro”.
Ma come è nato questo incrocio? Tutto parte da Dante: «Mesi fa, ad un amico ho detto che mi sarebbe piaciuto leggere la Divina Commedia», racconta Giacomo. «È stato lui, allora, a parlarmi dei libri di Nembrini». È cominciata così una ricerca per tutta Milano («Ma in libreria nessuno ti conosceva...»), approdata poi su internet: «Li ho ordinati e me li sono studiati». Una lettura che Giacomo affiancava all’autorevole Enciclopedia dantesca della Treccani: «L’ho ritrovata su uno scaffale del bagno... Chi di noi non ne tiene una lì?». Ha deciso di accettare l’invito alla kermesse quando s’è trovato tra le mani un altro libro di Nembrini, appena uscito per i tipi di Ares: Di padre in figlio. Conversazioni sul rischio di educare: «Questa sensibilità all’educazione mi ha spinto a partecipare. E ad intervenire su un tema di cui parlerei solo tra amici intimi». E invece eccolo lì, davanti a ottocento «amici intimi» che affollavano il tendone del BergamoIncontra. «Perché anche io ho un figlio e la mia vita è cambiata», ha spiegato l’attore: «Oggi i padri sono in crisi, nessuno riesce a trasmettere il passato ai giovani. Ogni giorno mi chiedo: cosa posso dare io?».
Da qui la libertà con cui Giacomo ha risposto alla raffica di domande di Nembrini, a sua volta colpito da ciò che il comico aveva raccontato in un’intervista a Tracce (n. 3, marzo 2011). A partire dalle «cene dei milanesi inquieti» che ogni sabato organizzava con alcuni amici: «Parlavamo del senso della vita, cercavamo di dimostrare se Dio esiste... Poi è successo un incontro fondamentale. Con un sacerdote, alla presentazione di un nostro film. Uno che, con semplicità, sapeva andare al cuore delle cose. Allora mi sono fatto avanti: “Vuole venire a cena da noi?”». Dieci anni dopo, Giacomo ricorda ancora le sue parole a tavola: «“Io mi sono fatto prete perché ho scoperto che Dio è amore”. Lì ho pensato: o è folle, o sta dicendo una cosa dell’altro mondo. Per me e mia moglie è stato l’inizio di un cammino di fede».
Così s’è spaziato dalla sua vita al lavoro, dalla passione per la letteratura al rapporto coi soci Aldo e Giovanni: cosa vi permette di essere ancora insieme dopo venti anni? Giacomo: «Nemmeno noi lo sappiamo. Quello che ci è successo è un miracolo. Comunque ci mandiamo spesso a quel paese...». Dove attingete la positività che si sente guardandovi? «Dalla realtà. In fondo la vita è un gareggiare continuo con Dio, mettendo qualcosa di nostro nella creazione». Cos’è la comicità? «Non è facile rispondere, è un mistero. Ha a che fare con la gratuità, con lo sguardo sulle cose come quello dei bambini». Applausi a scena aperta. Poi, una questione particolarmente cara a Poretti: cosa significa essere protagonisti della propria vita? «Ne parlo spesso anche con Aldo e Giovanni. Per molti ciò che accade davvero è solo quello che si vede in tv. Tutti hanno paura dell’anonimato, della dimenticanza. Cercano un quarto d’ora di celebrità. Invece il punto non è apparire in un reality, ma essere chiamati per nome».
Infine, una domanda che probabilmente Nembrini aveva in cuore da subito: chi è Dante per te? Giacomo risponde, descrive il suo amore per i grandi autori («perché parlano di noi»), ringrazia il suo intervistatore («i tuoi libri mi hanno aiutato») e non gli risparmia qualche frecciata («mi aspettavo che affrontassi tutta la Commedia...»). Per poi spiazzarlo: «Insomma, quale canto devo imparare per entrare in Centocanti?». Due ore prima, a tavola, Nembrini gli aveva raccontato dell’associazione di giovani che si impegnano a studiare un canto a memoria, formando una Divina Commedia vivente. Da qui la richiesta di Giacomo. Detto fatto: «A te diamo il primo del Paradiso, a tua moglie l’ultimo», dichiara Nembrini. «E fra un anno ti interrogo».