<em>Explosion</em>, olio su tela.

«Per dipingere occorre sempre rinascere»

"Homo viator" è il titolo dell'esposizione del giovane pittore Francesco Zavatta, allestita a Milano fino al 24 febbraio. In ogni quadro tra le navi, il porto, il mare della sua Rimini, emerge «quanta bellezza c'è nei luoghi quotidiani»
Nicolò Moscatelli

Ventisei anni e molte esposizioni in tutta Italia, Francesco Zavatta è un giovane e promettente pittore. È nato e vive a Rimini, ha frequentato l'Accademia di Belle Arti di Firenze e di Venezia. In questi giorni espone per la prima volta a Milano in una personale al Teatro San Babila: Homo viator. Quadri densi, che raccontano di un artista che non segue l'arte, ma va alla ricerca di uno stupore continuo.

Quando hai incominciato a dipingere?
Ho iniziato a 16 anni dopo avere letto il romanzo sulla vita di Van Gogh Brama di vivere, di Irving Stone. Sono rimasto affascinato, più che dall'opera pittorica, dalla domanda che attraversava la sua vita e quindi anche nel suo lavoro. Per Van Gogh essere artista significava cercare con tutta l'anima qualcosa nella realtà.

Cosa vuoi dire attraverso i tuoi lavori?

Desidero parlare di me, raccontare del mio rinascere di continuo di fronte alle cose che vedo. La vita di un artista è dura per questo motivo: occorre sempre rinascere. La realtà, quello che vedo, è quello che mi fa rinascere, è ciò che mi fa dire qualcosa al mondo. Per questo se smettessi di guardare non potrei più dipingere.

Quanto è importante nel tuo lavoro l'abilità tecnica?

È fondamentale. Per comunicare agli altri bisogna sapere utilizzare bene gli strumenti che si hanno. Se uno sa usare bene gli strumenti pittorici, ha in mano lo sguardo di chi guarda il quadro. Desidero imparare tanto, sento che devo dipingere tanto, devo impadronirmi ancora tanto dei mezzi. Per questo in questi anni ho scoperto che non stabilisco io i tempi per realizzare un quadro.

In che senso?

Quando è un lavoro finito è qualcosa che riconosco. Da una parte occorre una grande umiltà per compredere che un lavoro non è compiuto, e che quindi occorre ritornarci sopra; questa è una cosa che mi capita spesso. Però ci vuole anche una grande libertà nel riconoscere quando un dipinto è compiuto, e può anche essere che ci metto una giornata o un paio d'ore.

In quale direzione sta andando l'arte oggi?

A me non interessa dove sta andando l'arte oggi ma dove sto andando io! E io attraverso l'arte desidero avvicinarmi alle persone, alle cose e alla realtà, non allontanarmi da esse. Anche perché vedo che le persone hanno bisogno dell'arte, di qualcuno che gli faccia vedere che quello che c'è è bello.

Come mai questo titolo: “Homo Viator”?

Il titolo vuole mettere in primo piano la mia esigenza di concepire la mia vita e il mio operare come un cammino. I lavori presenti in mostra sono legati dal desiderio di farsi colpire dalla realtà del porto riminese. Sono quadri monocromi sul blu, il colore in cui riesco a svelare con più semplicità quello che vedo. C'è un quadro dal titolo Occhio in tempesta, di forma ovale, che ricorda l'occhio dell'artista che vede quello che sta accadendo davanti a sé. Un occhio attento, spalancato, come una finestra aperta sul paesaggio marittimo; un occhio capace di sfidare lo spettatore, chiamandolo a vedere quanta trasparenza e bellezza c'è anche nei luoghi quotidiani in cui uno vive. Desidero vivere in uno stupore continuo.

Homo Viator
Dal 7 al 24 febbraio presso il teatro San Babila,
Corso Venezia 2a
Milano