Salvador de Bahia.

Come uno dei pastori, di fronte a quel Bambino

Da Salvador de Bahia, don Emilio continua il suo racconto che ci porta nelle "invasões" della città. Per farci conoscere, in mezzo alla povertà e alla delinquenza, una umanità commovente
Emilio Bellani

Per essere missionari bisogna dire di sì a dei rapporti senza sapere dove ti possono portare.
Magari ti portano in casa di persone sulle quali non scommettevi e che all’improvviso senti amici e maestri ai quali guardare.
Mi capita non poche volte, ma voglio dirvi di tre casi per me clamorosi, accaduti tra settembre e ottobre.

Il Bingo di donna Wanda
Sotto un sole furioso, in una delle stradine più incasinate, donna Wanda (quasi 80 anni e conosciutissima anche per aver allevato tanta gente) ha organizzato un Bingo di beneficienza legato alla festa della propria comunità, una delle quattro che formano la nostra parrocchia. Decine di persone si sistemano in qualche angolo della strada (un muricciolo, dei gradini, il marciapiedi) e persino sul cofano di un paio di vecchie auto. I bambini si stringono attorno ai vari tavolini, gli adulti stan per lo più seduti per terra con l’immancabile birra o un piatto di riso e fagioli. Il gioco deve ancora cominciare e varie donne già sono sull’allegro …
Il costo è di due reais a cartella, ma la maggior parte ha da controllarne tre o quattro, che fanno 5/6 reais, circa 2 euro.
Non appena si parte, Gerry agita il bussolotto ed estrae i primi numeri.
Qua il Bingo è sport nazionale, molto lontano dal tradizionale gioco natalizio in famiglia …, e non solo per le regole molto differenti.
Non sono poche le donne del quartiere che si mantengono con la vendita delle cartelle o dei numeri di una lotteria che a sera verrà sorteggiata, e per questo girano per ore e ore bussando a tutte le porte. Una “vera” professione!
Gerri, come donna Wanda, ha una grande storia e ha diretto, per molti anni, una importante associazione del nostro territorio, nata dalla mente e dalle braccia di un trentino che scelse di vivere fino all’ultimo in mezzo alla nostra gente, ai tempi eroici delle palafitte.
Il bingo termina, con persone quasi esauste, verso le cinque di sera e col ricavato donna Wanda e le amiche hanno voluto comperare giocattoli per i bambini: il 12 ottobre, infatti, è il loro giorno, in tutto il Brasile.

Il café de manhã
Un altro gesto di solidarietà ha accompagnato la festa di Aparecida, patrona di tutto il Brasile: la colazione gratuita per i bambini.
Daniela, la mamma e alcune donne hanno messo in piedi qualcosa di bello e commovente. Alle sei del mattino frotte di bambini entrano con ordine nell’atrio di una nostra chiesetta, e passano, con occhi increduli, davanti a torte casarecce, biscotti, succhi frutta e panini.
A turni di dieci si siedono intorno al grande tavolo e vengono serviti come principi. Molti chiedono (e ottengono) il bis, usciranno strafelici e senza troppa voglia di ritornare a casa.
Si formano capannelli di ragazzini in ogni angolo della strada, pronti a ritornare, se ci fosse solo un cenno dell’adulto. Più tardi, di là, passerà la nostra processione, con la piccola statua di Maria.

Jojoba e i suoi amici
Daiane è una ragazza con molte difficoltà fisiche, e abita con la mamma in una delle casine che furono edificate dall’Avsi. Ha un cuore grande e semplice. Purtroppo le mancano i soldi per le costosissime medicine.
La madre non ha lavoro e anche a lei hanno diagnosticato, non più tardi di venti giorni fa, un brutto male.
Jojoba è, come me, un amico di Daiane. Spesso la va a trovare. Si è accorto del bisogno della ragazza e ne ha parlato agli amici.
Han visto, qualche giorno prima, i nostri ragazzini davanti e dentro il supermercato a chiedere alimenti (la Colletta alimentare), e anche loro provano a muoversi, ma tra le case del quartiere.
Cominciano a fare una raccolta di alimenti tra i giocatori che partecipano a un torneo volante di calcio che hanno organizzato per le sei di un mattino di domenica. Poi allestiscono un banchetto in un punto nevralgico del quartiere: chi vi passa, se vuole, vi mette delle uova, del riso, dei fagioli, la farina.
Di pomeriggio, davanti a un baretto incasinatissimo, cassa acustica e microfono in mano, invitano ad un gesto di solidarietà. Non mi hanno informato di quanto raccolto, so che al momento della distribuzione ci hanno pure un po’ litigato, ma mi è parso, insieme ai precedenti, un gesto bello, che parla del nostro cuore che è fatto non solo per sentirsi amati ma per amare.

A novembre è stato molto bello celebrare le Prime Comunioni e poi le Cresime. Stavolta si sono aggiunte anche persone adulte, al termine di un cammino durato qualche mese. Catechesi e… cene! Ne è scaturita un’amicizia e, a sacramento ricevuto, il rapporto continua. La giornata di ritiro, il giorno prima della celebrazione, li ho voluti portare nei luoghi dove ha operato Irma Duce, quella che il popolo di qua ribattezza “la Madre Teresa della Bahía”. Non c’è famiglia e adulto, qua in Salvador, che non pronunci quel nome con venerazione. Ci ha colpito, visitando il Memoriale di quella donna minuta totalmente dedita alla carità, la sua semplicità e la semplicità del metodo che Dio usa, quello di comunicarsi a noi per mezzo di altri uomini.
La guida ci ha raccontato che una bella mattina, giunta al mercato più popolare della città chiamato “Feira de sao Joaquim”, cominciò a chiedere la carità per i suoi ragazzini (delle palafitte e dei marciapiedi): in risposta, un uomo le sputò sulla mano con la quale ella mendicava. La santa non esitò: «Grazie, questo è per me, lo considero un dono tutto mio. Ora puoi mettermi in quest’altra mano qualcosa per i miei figlini?».
Poi siamo stati condotti nel luogo onde radunava, su pagliericci e cartoni, i suoi primi malati: era un galineiro, un pollaio, e da lì sarebbe nato uno dei più grandi ospedali di Bahia, che serve migliaia di malati e specialmente tutti i poveracci della periferia.
L’8 dicembre, la processione fino alla chiesetta cattolica dell’Immacolata concezione, nella parte più afro del nostro quartiere: che gioia entrare in tutte le stradine, con la nostra gente che cantava, ridestando anche in altri qualcosa di sopito… Anche tra le pozzanghere di quelle stradine, sono certo, Dio tocca i cuori e le intelligenze attraverso la nostra concreta umanità, la nostra voce, i nostri sguardi. Al pomeriggio c’è stato l’annuale saggio finale della nostra scuola di balletto, ormai giunta al terzo anno. Teatro strapieno e qualche alterco tra le famiglie per un biglietto in più. Comunque alla fine, chi ha vinto si chiama bellezza. Molti hanno pianto.

Domenica scorsa abbiamo riempito un pullman e siamo usciti per una mattinata di ritiro di Avvento. Difficile, qua, montarsi la testa … quando si è vista coi propri occhi l’analoga partenza dei Testimoni di Geova del nostro bairro e si sono contati sette pullman! Siamo stati nella periferia più ricca, al Centro direzionale metropolitano, a visitare una chiesa modernissima. Non era il gotico del duomo di Milano, ma anche lì, quando entri, li occhi vanno immediatamente all’insù. È stato facile, con l’aiuto della musica popolare brasiliana, riconoscere quello che, dentro di noi, spinge ciascuno a guardare verso l’alto e gridare il proprio bisogno di salvezza. Al ritorno, abbiamo sostato al gigantesco presepe che quest’anno è stato voluto proprio dinnanzi allo stadio, riprendendo quindi di corsa la strada del ritorno perché al pomeriggio ci sarebbe svolto nella nostra chiesa uno show di musiche popolari natalizie.
Poi alla sera ho scritto ad un amico. Giro anche a voi.

«Caro Alberto, siamo sotto Natale e allora, come ti anticipavo la scorsa estate, mi faccio avanti. Sono molti i progetti della nostra parrocchia e, come sai, spesso rivolti ai ragazzi e alle ragazze: molta attività calcistica, il balletto classico per 90 bambine e ragazze, la pallavolo ... In questi ultimi tempi, e grazie al fatto che mi sto addentrando sempre più in ambienti insoliti e complicati, le urgenze che più mi toccano (e feriscono) sono quelle persone che vivono in condizioni davvero disumane. Il nostro quartiere, di circa 35.000 abitanti (ma solo Dio li può contare!), è circondato da tre “invasioni”, ambienti che provo a descriverti. La invasão (invasione) è un agglomerato di baracche in legno, edificate da chi le abita o da speculatori. Accolgono intere famiglie che sono alla fame e anche singoli che vogliono sfuggire ad ogni controllo. Sono persone perlopiù disoccupate, malvestite, con pochissimi mezzi di sussistenza. I bambini raramente frequentano la scuola di base. Il calore estivo e soprattutto le piogge torrenziali creano condizioni di invivibilità, mentre rifiuti di ogni tipo rendono a volte l’aria irrespirabile. Frequentando assiduamente tale ambiente posso testimoniare che, mescolata alla delinquenza, ci sono tratti di umanità, di solidarietà e di aiuto reciproco molte volte commoventi. Non è consigliabile a nessuno, nemmeno al prete, entrare qui da soli. Vi entro sempre accompagnato da chi in qualche modo rappresenta l’autorità riconosciuta da tutti: normalmente è una donna “guerriera”, cioè molto battagliera, che dirime di fatto tutte le questioni interne e di rapporti con l’esterno. I bisogni che incontro sono molteplici e facilmente immaginabili. Io però mi concentro su alcuni punti specifici: una compagnia umana che sappia accogliere la persona in quanto tale, abbracciandola anche nel limite e nell’errore e un aiuto nelle necessità pratiche di vita (la distribuzione di alimenti base, l’acquisto di bombole di gas o di medicinali nei casi di povertà assoluta

Ti ribadisco - ma sai che non ce n’é bisogno! - la mia passione per la nostra Cremo (la Cremonese, in serie C). Non cesso, appena ho cinque minuti, di seguirne le vicende entrando nel sito ufficiale della società. Vedo che è dura anche quest’anno e i dieci punti dall’Entella non sono pochi. Se incontri la squadra (per la Messa di Natale) e lo credi realistico, chiedi di mettersi una mano sul cuore perché venga aiutata, per mezzo di un missionario tifosissimo, la mia gente più povera! Qua da noi, la solidarietà, nelle classi più elevate, è davvero molto difficile e non appartiene alla cultura locale. La città ha due squadre, che ho già imparato a frequentare, il Vittoria e il mio Bahia. Due squadre ma aiuti zero. Vedi un po’ tu, amico…».

Cari amici, in questo Natale, ho ripassato con voi alcuni momenti di questi ultimi mesi. Forse ho stancato. Ma l’ho fatto per sentirmi, la notte di Natale, come uno di quei pastori davanti al bambino in fasce: attoniti, commossi e grati allo scoprire il modo con cui Dio si fa carne in mezzo a noi. Un inerme bambino ieri, fatti e volti assolutamente “normali” oggi.