Un momento della festa con santa Klaus.

ROMA Un inatteso regalo di Natale

Giochi, dolci, zampogne: nella periferia est della capitale, il primo anno di Banchi di solidarietà si è chiuso con un'insolita festa. Volontari e famiglie hanno scoperto un'unità impensata. E qualcuno, dopo tanto tempo, è tornato a casa sorridendo
Alessandra Buzzetti

L’ospite più atteso dalle decine di bambini che affollavano la festa, non poteva che essere lui, Babbo Natale. Certo nessuno si immaginava che invece che sulla slitta, arrivasse su una Harley-Davidson, carica di pacchi, pacchetti e pacchettini . Non siamo sul set di un telefilm americano, ma nel pieno centro di Roma, e il nostro santa Klaus non è un eccentrico nostalgico, ma un padre di famiglia, da qualche mese volontario nell’associazione l’Armonia. Anche lui, come gli altri 60 amici, ogni mese porta un pacco di alimenti a una famiglia nel suo quartiere, Tor Bella Monaca, perferia est della capitale, e ha aderito volentieri a impersonare la "sorpresa" per i piccoli nella festa di Natale, organizzata il 13 dicembre dall’associazione Armonia.
«Gli occhi sbalorditi di quei ragazzini, col fiato sospeso non me li levo più dalla testa», commenta Danilo, uomo imponente, che non si perde in smancerie: «Un bambino mi ha anche chiesto se fosse finta anche la mia pancia, e io gli ho riposto che era l’unica cosa vera!». Una familiarità che ha contagiato pian piano non solo i bambini, ma anche i loro genitori, arrivati magari con qualche imbarazzo a un appuntamento con persone, che si conoscevano appena: e così dall’aperitivo e dal buffet – ricco e curato in ogni dettaglio e accompagnato dalla musica di due zampognari, anche loro qui per pura gratuità – nessuno ha poi pensato di andarsene, quando la festa è entrata nel suo cuore. A guardare le facce di grandi e piccini, di italiani e di giovani immigrati impegnati a cantare e a giocare davvero non si percepivano differenze.
«Era tanto tempo che non uscivamo tutti e quattro insieme, visti i nostri problemi economici», racconta Roberta, mamma di due figli, che ogni mese riceve il pacco del Banco di solidarietà: «Abbiamo respirato una grande cordialità, non ci siamo sentiti mai soli, nonostante non conoscessimo quasi nessuno e anche i miei figli sono rimasti davvero entusiasti». Anche la piccola Brindusa, romena di 8 anni non si dimentica il suo momento di celebrità: eletta reginetta delle tombola, ha vinto un peluche. «Se lo porta anche a letto», racconta la mamma: «Canticchia le canzoni che ha imparato e vuole fare la tombola anche in classe. Per la prima volta, dopo tanto tempo, siamo tornati a casa tutti, anche mio marito, col sorriso sulle labbra». E il sorriso stampato sulle labbra non ha abbandonato, per tutta la giornata, neppure Fiero Innocenzi, il responsabile dell’Armonia, il primo a cui è venuto il desiderio di condividere il significato del Natale con le 80 famiglie incontrate in questo primo anno di vita dei Banchi di solidarietà a Roma.
«Quando c’è qualcosa di bello in noi, noi ci sentiamo spinti a comunicarlo. E la festa ha espresso questa semplice bellezza», sintetizza Fiero, anche lui, come Danilo-santa Klaus, uomo di poche parole e tanti fatti. Più loquace è Giovanna, sua moglie, ideatrice del regalo di benvenuto per gli ospiti: sono bastati un piccolo presepe e una favola di Natale (Traccia di Dio, la storia di un angioletto imbranato a cui Dio dà il compito più importante: portare la stella che annuncia la nascita di Gesù) a dire discretamente a tutti la sorgente della bellezza della festa e dell’amicizia tra i volontari. «All’inizio ero quasi a disagio, avevo paura che ci fosse come una divisione tra noi e loro», racconta Giovanna: «Invece è accaduta una unità imprevista, una sintonia nei gesti e una discrezione naturale, perché eravamo tutti tesi a gustare ciò che di bello aveva già preso la nostra vita». Anche a Federico è successo di passare dallo scetticismo a una naturalezza non preventivata, arrivato all’appuntamento con cinque bambini rom in macchina. Per loro era tutto letteralmente nuovo, perché di rado escono dal loro campo nomadi e il centro città praticamente non l’avevano mai visto.
Forse per questo li ha baciati più volte la fortuna, nella tombola prima, nei regali distribuiti da Babbo Natale poi, preparati e scelti con cura da un gruppo infaticabile di mamme: Antonella, Tiziana e Lina. «A dominare non è stata l’ansia che tutto filasse liscio, pur nella cura affinché nessun dettaglio fosse lasciato al caso», riassume Lina: «Ma l’unità tra volontari e ospiti. Ci siamo accorte che la nostra unità aveva il volto misterioso di Qualcuno che è nell’esperienza di ciascuno di noi e di cui ci possiamo accorgere fino a dargli un nome».
E così, dopo il canto Luntane cchiù luntane, che ha concluso la festa, tra saluti e ringraziamenti per questo anticipo di Natale, che più di un ospite trascorrerà in solitudine, in tanti la domanda è sorta spontanea: «L'anno prossimo si rifà, vero?».