Piazza Maggiore, Bologna.

Quale vittoria, se il 71% non ha votato?

Ieri a Bologna il voto sull'abolizione dei fondi comunali alle scuole di infanzia libere. Il «fronte A» vince con il 59% di consensi, ma con un'affluenza generale del 28,7%. «Non si può tornare indietro nel rapporto tra Comune e paritarie»
Marco Masi

Al referendum bolognese di ieri ha partecipato il 28,71% degli elettori (85.934 persone). È l’affluenza alle urne più bassa mai registrata, anche rispetto ai precedenti referendum comunali, in una città in cui normalmente vota il 70-80% della popolazione. L’ipotesi A proposta dai referendari ha ottenuto il 59% dei consensi, contro il 41% dell’ipotesi B. I promotori del referendum hanno chiamato alle urne i bolognesi per “abrogare” il sistema esistente, attivo da 20 anni, di collaborazione tra il Comune e le scuole paritarie dell’infanzia a gestione privata. Il referendum comunale ha natura consultiva, ma il contenuto del quesito sul quale si è votato ieri ha una natura sostanzialmente abrogativa (l’ipotesi A proponeva infatti di revocare le risorse comunali sino ad oggi destinate alle paritarie private). Il 71% dei bolognesi ha disertato le urne; il 41% di coloro che hanno votato si è dichiarato contrario all’azzeramento delle convenzioni in essere. Il referendum abrogativi necessitano sempre di un quorum di almeno il 50% dei votanti per la loro validità: ieri la proposta “abrogativa” dei referendari ha raccolto il consenso di meno del 17% degli elettori. Una percentuale di consensi di gran lunga inferiore anche a quella che ottengono normalmente a Bologna le forze politiche della sinistra radicale che hanno sostenuto i referendari. Il referendum ha registrato uno scontro tra chi si ostina ancora oggi ad alzare le bandiere dell’ideologia e chi cerca di giudicare le cose con responsabilità a partire dal realismo.

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