La #giornatatracce nell'Auditorium San Francesco a Chiavari

#giornatatracce. «Cosa basta per godersi la vita?»

Un'idea diversa dal solito. Non un banchetto, ma un incontro pubblico in città per presentare il contenuti della rivista di ottobre, attraverso dialoghi e interviste con i protagonisti. Ecco cosa è successo a Chiavari

Quando è arrivata la proposta di fare una “giornatatracce” ho pensato: «Ecco, ci risiamo...». Ho sempre fatto fatica ad espormi pubblicamente, soprattutto perché viviamo in una cittadina dove facilmente si incontrano persone conosciute e il metodo del “volantinaggio di massa” non mi ha mai convinto, l’ho sempre trovato impersonale.

Poi, su iniziativa di un ragazzo della nostra comunità, spinto dal desiderio di fare qualcosa che fosse interessante per tutti ma prima di tutto per noi, abbiamo pensato di proporre un momento nel quale approfondire i contenuti della rivista. Innanzitutto questo ha significato leggere bene Tracce e farsi interrogare dagli articoli. E partendo ciascuno da quello che lo ha colpito o incuriosito, in pochi giorni abbiamo preparato un incontro pubblico, in centro città, che si è rivelato una vera sorpresa. Anche per le tante “facce nuove” che c’erano in sala.



Abbiamo invitato un giornalista di Tracce, Paolo Perego, che ci ha aiutati a comprendere come e da cosa nasce la rivista; abbiamo proiettato due interviste a due protagonisti si due articoli del numero di ottobre, registrate nei giorni precedenti, Martina Saltamacchia, curatrice della mostra presentata al Meeting di Rimini “Bolle, pionieri...”, incuriositi dal tema delle difese che spesso ci costruiamo di fronte alla realtà, e Daniele Mencarelli, l’autore del libro La casa degli sguardi, che ha approfondito la sua storia. Abbiamo anche chiesto a due ragazzi di Gioventù Studentesca di raccontare la loro esperienza all’ultima Equipe con Carrón e mostrato alcuni video che raccontano come l’esperienza del movimento ha raggiunto diverse parti del mondo, perfino alcune zone dell’Africa come l’Uganda, anche grazie a Tracce. Nelle parole di Sara, una donna di Kampala di tradizione musulmana, che raccontava cosa sia per lei la rivista e perché la propone a tutti, è emerso come per tante persone in quei luoghi Tracce sia diventato strumento di giudizio atteso con gioia, tanto da desiderare che tutti ne abbiano accesso.

La preparazione di questo semplice incontro per tutti noi della comunità è stata in qualche modo rivoluzionaria. Intanto per la novità di creare un format diverso da quello a cui tradizionalmente eravamo abituati, partendo da una personale esigenza del cuore, e poi perché, nel costruirlo insieme, ce la siamo davvero goduta, cercando di curare tutto con attenzione, nella speranza sì di proporre qualcosa di interessante, ma con la consapevolezza che già nel metterci in gioco potevamo scoprire qualcosa di più di noi.

Scoprirmi così contenta nell’organizzare qualcosa, una cosa generalmente “lontana” da me, mi ha interrogata molto su quanto ancora l’appartenenza al movimento non possa essere un’abitudine, ma qualcosa che di essenziale per godermi la vita.
Valeria, Chiavari (Genova)