Il Papa: «La realtà guardata e accolta come un dono»

«Preghiamo per chiedere la grazia di sentirci bisognosi di misericordia, poveri dentro». L'omelia di Francesco durante la messa a conclusione del Sinodo sull'Amazzonia
Papa Francesco

La Parola di Dio oggi ci aiuta a pregare attraverso tre personaggi: nella parabola di Gesù pregano il fariseo e il pubblicano, nella prima Lettura si parla della preghiera del povero.
La preghiera del fariseo comincia così: «O Dio, ti ringrazio». È un ottimo inizio, perché la preghiera migliore è quella di gratitudine, è quella di lode. Ma subito vediamo il motivo per cui ringrazia: «perché non sono come gli altri uomini» (Lc 18,11). E spiega pure il motivo: digiuna due volte la settimana, mentre allora era d’obbligo una volta all’anno; paga la decima su tutto quello che ha, mentre era prescritta solo sui prodotti più importanti (cfr Dt 14,22 ss). Insomma, si vanta perché adempie al meglio precetti particolari. Però dimentica il più grande: amare Dio e il prossimo (cfr Mt 22,36-40). Traboccante della propria sicurezza, della propria capacità di osservare i comandamenti, dei propri meriti e delle proprie virtù, è centrato solo su di sé. Il dramma di questo uomo è che è senza amore. Ma anche le cose migliori, senza amore, non giovano a nulla, come dice San Paolo (cfr 1 Cor 13). E senza amore, qual è il risultato? Che alla fine, anziché pregare, elogia se stesso. Infatti al Signore non chiede nulla, perché non si sente nel bisogno o in debito, ma si sente in credito. Sta nel tempio di Dio, ma pratica un’altra religione, la religione dell’io. E tanti gruppi “illustri”, “cristiani cattolici”, vanno su questa strada...

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