Il presepe nel monastero francescano a Greccio (Foto Christoph Sator/Ansa-Dpa)

Santoro: «Lo strazio in Terra Santa ci ricordi pace e solidarietà»

Il Natale, «un avvenimento che lo stupore riconosce». Le parole dell'Arcivescovo emerito di Taranto dalle colonne de "La Gazzetta del Mezzogiorno"
Filippo Santoro

Mentre noi ci prepariamo al cenone di Natale in Terra Santa c’è un misto di strazio per le vittime e gli ostaggi del terrorismo come per la reazione e gli eccidi che stanno dilaniando Gaza. Insieme all’indicibile dolore, comune a tutte le guerre, i sentimenti dominanti in questa terra sono la paura, la rabbia e il sentimento di vendetta. E cresce un clima di sospetto reciproco, di sfiducia e di diffidenza. Alcune voci si aprono al dialogo. La portavoce israeliana degli ostaggi ha detto in una intervista: «Bisogna che noi cominciamo a riconoscere la sofferenza dei palestinesi e bisogna che i palestinesi comincino a riconoscere la nostra sofferenza». E in prima linea c’è il Cardinale Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, e le varie confessioni cristiane presenti in Terra Santa, alimentando in mezzo a tanta difficoltà la speranza evangelica con iniziative di solidarietà di vario tipo, anche, oltre agli aiuti umanitari, dando in opere di carità quanto si sarebbe speso in cene natalizie.

Il Custode francescano di Terra Santa, padre Francesco Patton, dice: «Il bambino di Betlemme piange e chiede a ognuno di noi di ascoltare il suo pianto per poterci guidare davvero alla pace». E così anche per noi questo Natale può essere più sobrio e aperto alle varie iniziative di solidarietà per i territori in guerra. È da ricordare il momento di preghiera, di meditazione e di canto che Al Bano Carrisi ha fatto gratuitamente per la pace il 21 scorso nella Cattedrale di Molfetta dove ha dato la sua testimonianza eroica il Venerabile don Tonino Bello. Dopo la missione a Mosca e Kiev la delegazione dell’Associazione “L’Isola che non c’è” ha promosso un momento di canti per la pace, preghiera e bellezza. Questo insieme a tante altre opere in ambienti laici e cattolici per i nostri poveri e per aiuti ai vari conflitti nel mondo.

Come ci richiama costantemente Papa Francesco è necessaria una riscossa del pensiero e delle coscienze a favore della pace, della solidarietà e della cura della casa comune. Alcuni segnali dati dalla Cop28 ci fanno ben sperare, occorre un vero cambiamento di mentalità e gesti concreti che partano dalla considerazione del «perché e del per che cosa e, soprattutto, del per chi si vive». Sembrava che fosse lontano il terrore dell’ultima guerra mondiale e dei massacri avvenuti anche in Italia, come hanno documentato tanti nostri martiri di Roma e di tante parti d’Italia dei campi di concentramento nazisti. Come Ungaretti nel poema Mio fiume anche tu scriveva in una Roma occupata: «Cristo pensoso palpito, perché la tua bontà si è tanto allontanata». E poi precisava il suo messaggio: «Fa piaga nel Tuo cuore La somma del dolore Che va spargendo sulla terra l'uomo; Il Tuo cuore è la sede appassionata Dell’amore non vano. Cristo, pensoso palpito, Astro incarnato nell’umane tenebre, Fratello che t’immoli Perennemente per riedificare Umanamente l'uomo, Santo, Santo che soffri, Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli, Santo, Santo che soffri Per liberare dalla morte i morti E sorreggere noi infelici vivi, D'un pianto solo mio non piango più, Ecco, Ti chiamo, Santo, Santo, Santo che soffri».

Come segno di umanità donata, anche per chi non coltiva la fede cristiana, Gesù è venuto a nascere a Betlemme, nella nostra storia e continua anche nel dolore più grande. Ottocento anni fa san Francesco faceva il primo presepe a Greccio per ricostruire la povertà dei pastori, il bue e l’asinello, il freddo della nascita del Redentore, l’amore di Maria, la semplicità di Giuseppe e soprattutto la gioia del Bambino che nasce. E lì mentre un sacerdote celebra la messa, Francesco che era semplice diacono, canta il vangelo della nascita di Gesù, e come omelia si commuove di fronte all’immenso amore di Dio che si fa uomo. Dice il il biografo di san Francesco, Tommaso da Celano: «Parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme». E poi il sacerdote celebra l’eucaristia, la presenza per eccellenza di Gesù in uno stupore immenso.

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Ce lo ha ricordato Papa Francesco parlando di Greccio: «Io ho sottolineato una parola: lo stupore. E questo è importante. Se noi cristiani guardiamo il presepe come una cosa bella, come una cosa storica, anche religiosa, e preghiamo, questo non è sufficiente. Davanti al mistero dell’incarnazione del Verbo, davanti alla nascita di Gesù, ci vuole questo atteggiamento religioso dello stupore. Se io davanti ai misteri non arrivo a questo stupore, la mia fede è semplicemente superficiale; una fede “da informatica”. Non dimenticate questo» (Udienza di mercoledì 20 dicembre 2023). Diceva san Gregorio di Nissa: «Solo stupore conosce» (La vita di Mosè). Tutto questo in estrema povertà «perché non c'era posto per loro nell’albergo» (Luca 2,7). Rifiutato da tutti il Signore nasce per tutti con un grande rispetto per la libertà di ognuno. La cosa più grande del mondo lasciata alla risposta libera di ogni persona. Incarnazione: una presenza nella storia. «Cristo pensoso palpito, astro incarnato nelle umane tenebre». Una presenza dentro il mondo che la Chiesa continua ad annunziare come l’angelo ai pastori. Un avvenimento che lo stupore riconosce.

Da La Gazzetta del Mezzogiorno