Annalena Valenti

Leggere le favole per amare la realtà

Annalena Valenti, in arte "MammaOca", è una cacciatrice di storie, leggende, poesie per bambini. Ma non solo. «Dentro ogni racconto troviamo la chiave del mistero. E della felicità»
Maria Acqua Simi

Le storie sono il suo pane, perché «sono le più grandi alleate della realtà». Il suo blog Mammaoca è stato rubrica fissa su Tempi dal 1997 al 2016 e ora cammina con le sue gambe. E lei, Annalena Valenti, cacciatrice di filastrocche, racconti e poesie, di favole ne ha raccontate tante nella vita. Prima ai suoi sei figli, nati dal matrimonio con l’indimenticabile Luigino Amicone, e oggi ai nipoti e ai bambini delle scuole dove viene invitata e dove tiene anche corsi di lettura per adulti. Dove sia nata questa passione per la narrativa d’infanzia lo racconta lei stessa in un’intervista non convenzionale: a tavola, di fronte a un bel piatto di scamorza affumicata e a un buon calice di vino. Da poco, esordisce, ha pubblicato la sua seconda raccolta di scritti sul Natale, una sorta di Calendario d’Avvento pensato per districarsi tra i tanti titoli che affollano le librerie e le classifiche online nel periodo natalizio e per non dimenticarsi chi è il vero Protagonista della Festa.

«Queste raccolte – Aspettando Natale e Aspettando Pasqua – nascono dall’esigenza di prendere sul serio il desiderio e le domande dei più piccoli. Non ho inventato niente, però ho fatto mio il pensiero di grandi autori come Céchov, Tolkien o Lewis: loro avevano chiaro che al bambino non devi dare qualcosa di diverso da quello che daresti a un adulto. Bisogna potergli offrire qualcosa di senso, solo in dose minore, tenendo conto della sua crescita, provocandolo sulla riflessione, sulla lettura, sul senso critico. Non dobbiamo trattarli come stupidi, perché i piccini hanno una grandissima dote, forse la più grande: seguono. Ti danno fiducia».

L’amore per le fiabe, in Annalena, nasce da bambina. Invece di scomparire con l’età, l’interesse cresce e matura negli anni dell’università, quando si confronta con i grandi autori russi e con il mondo del teatro. Il primo innamoramento è con le Fiabe russe di Aleksandr Afanas’ev: le legge, rimane affascinata e decide di studiarne i meccanismi, le origini, il linguaggio. Inizia così un’avventura coinvolgente a partire da una domanda che le arrovella la mente: «Perché nelle favole di tutto il mondo, anche di paesi molto diversi tra loro per storia e tradizioni, ricorrono sempre alcuni temi chiave come la meraviglia e il desiderio, l’amore e l’amicizia, la felicità? Perché l’uomo, fin dall’inizio dei tempi, ha sentito il bisogno non solo di fare, ma anche di raccontare? Ha scoperto la ruota, il fuoco, l’atomo, e poi l’amore, il mistero e ha giudicato che queste fossero cose così fantastiche da doverle far conoscere a tutti. Come mai?». A questi interrogativi non ha mai trovato una risposta definitiva, ma quel che ha scoperto è che nel racconto c’è sempre il bisogno di una condivisione.

Anche oggi è così, dice, solo che la dimensione della favola è sempre meno conosciuta. «Ogni tanto quando cito alcuni titoli – come ad esempio Enrichetto dal ciuffo o Pelle d’asino – la gente sgrana gli occhi. Non si conoscono più le belle fiabe, i genitori non sono più abituati a raccontare storie ai figli. Invece quanto possiamo imparare, anche noi grandi, nell’addentrarci nel periglioso e fantastico regno delle fate, nel seguire le vicende dei personaggi dei Fratelli Grimm, di Puškin o di Perrault. Nei corsi che faccio nelle scuole per promuovere la lettura insisto molto con gli adulti perché leggano con i ragazzi. Si è instaurata questa abitudine, secondo me un po’ malsana, per cui quando un bambino impara a leggere da solo viene lasciato a sé stesso e così i giovani si disaffezionano. Invece è importante farlo insieme, parlare di quel che si è letto, perché insegna a fare domande, a riflettere, a dare un giudizio maturo sulle cose. Sembra una lotta impari in questa epoca dove i social abituano a passare da una cosa all’altra a ritmi impressionanti, ma io ritengo che la lettura sia troppo preziosa, è uno dei punti di vera libertà del bambino».

Tutto ruota, compresi i corsi, intorno a MammaOca. Il blog – il cui titolo è un compromesso tra il favolista Perrault e il nome di battaglia di alcuni piloti della RAF, “Mother Goose” – è frutto del lavoro di Annalena e di Raffaella e Valeria. Tre donne, tre madri e amiche che contribuiscono ciascuna secondo la sua sensibilità a costruire questo piccolo angolo online che è un inno d’amore alla letteratura e alla famiglia. Al team si è aggiunta anche Maria Rosa, che nei podcast e negli audiolibri mette la voce «perché interpretare la vocina da principessa o il vocione da orco aiuta ad immedesimarsi». Tra gli autori più amati di Annalena spuntano Roald Dahl, Andersen, Tolkien e tra i temi più toccati c’è quello della censura perché di argomenti “scottanti” nelle fiabe ne compaiono parecchi. «Alcuni racconti parlano di politica, di temi sociali, di uccisioni, di abbandono di bambini e, forse, è anche perché non siamo più in grado di affrontarli che abbiamo relegato le favole nel dimenticatoio», chiosa Annalena.

A quali criteri affidarsi, dunque, nella scelta dei titoli da proporre ad alunni e figli? «Di bei testi ne esistono tanti – penso a Il Giardino segreto, Pinocchio, La leggenda dei sei compagni, Bravo, Burro! di John Fante, o a L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono, A Caccia dell’orso o a La Calda estate del pestifero di Giovannino Guareschi, per citarne alcuni –, però prima di consigliarne uno, preferisco dire quale è il mio criterio ultimo di scelta che vale non solo per le fiabe, ma per tutti i libri: che propongano il tema dell’incontro e dello stare di fronte alla realtà». Le favole, spiega, insegnano a discernere il bene e il male, ma c’è dell’altro. «Una delle frasi più celebri attribuite al grande Chesterton – “Le fiabe sono più che vere: non perché ci dicono che i draghi esistono, ma perché ci dicono che possono essere sconfitti” – è in realtà di Neil Gaiman, posta in esergo al libro Coraline, citata come fosse dello scrittore inglese. Chesterton (sono andata alla fonte) dice un’altra cosa e molto più decisiva: non parla di draghi che possono essere uccisi, ma di san Giorgio e di tutti gli altri cavalieri che sono sempre alleati al nostro fianco, per aiutarci ad affrontare, combattere e sconfiggere il male. Le favole ci insegnano che qualunque sia il tuo punto di partenza – orfano, povero, ricco, sfortunato – tu puoi costruire la tua vita. Devi essere buono, certo, ma se tu guardi la realtà in essa troverai sempre il bene. La favola non aiuta a estraniarsi dalla vita vera, ma aiuta a capirla di più. Se tu ami la realtà avrai sempre un aiuto dal cielo, magico o no che sia. Questo insegnano le storie».

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Qualche secondo di silenzio, il tempo di assaggiare il dolce, e Annalena conclude: «Un testo è valido quando ti introduce alla grandezza e alla positività del reale, ti spalanca ad un prodigio, ti apre a una speranza. Tanti libri per bambini mancano di questo positivo, dicono che non bisogna desiderare troppo, sperare troppo. Il mondo di oggi ci dice che non è vero che “vissero per sempre felici e contenti”. Invece è possibile». Leggere per credere.