I ragazzi del Clu all'Encounter (Foto New York Encounter)

«Nella Grande Mela per scoprire di Chi siamo»

Due studentesse italiane negli Usa, per partecipare e lavorare al New York Encounter. Dalla filosofia alla musica, dagli incontri agli abbracci nella hall. Una "promessa" più grande di quanto si immaginavano

Abbiamo avuto l’occasione di partecipare dal 16 al 18 febbraio, anche come volontarie, al New York Encounter, l’evento organizzato ogni anno dalla comunità di CL negli Stati Uniti. Un avvenimento nascosto, forse quasi invisibile, nel cuore di Manhattan. Appena arrivate a New York, sbalordite dall’immensità e maestosità della città, ci siamo chieste: in una metropoli enorme, che pretende tutto, perché un evento del genere è necessario? Che incidenza può avere nel mondo di oggi? La Grande Mela non è già perfetta così?

Ascoltando gli americani cantare A New Creation si è rivelata la risposta: «Ebbene, George Washington, io ho trovato la libertà che Abraham Lincoln non avrebbe mai potuto darmi: per favore, di' a tuo figlio orfano che io alla fine ho trovato più libertà di quanta ne possa aver vista nel suo sogno americano». È questo il punto: l’avvenimento di Cristo rivela agli uomini per che cosa sono realmente fatti, qualcosa di più grande persino del “sogno americano”. Nessuna cultura più di quella americana tenta con tutte le proprie forze di raggiungere quella X che don Giussani ha definito «l’enigmatica presenza che incombe oltre l’orizzonte». Per questo lì è tutto così grande, in tutti i sensi. Eppure, chissà chi si ricorda, qui, che quella X misteriosa, ancora più grande di qualsiasi grattacielo, è entrata nella storia.

Lo hanno testimoniato, ad esempio, due professori: Hans Broekman, preside del Liverpool College, Gran Bretagna, e Aaron Riches, professore di teologia al Benedictine College in Atchison, Kansas. Entrambi hanno raccontato che, dopo essersi imbattuti nel movimento, hanno deciso di cambiare anche il proprio metodo di insegnamento, con il desiderio di educare i ragazzi alla scoperta della vera libertà per cui ogni essere umano è fatto. L’incontro, intitolato proprio “Made to be free” - fatti per essere liberi -, è stato una testimonianza viva dell’attualità dei contenuti della mostra più importante dell’Encounter: “The Risk of Education”, che ripercorreva in modo semplice ed efficace i fattori dell’originale proposta pedagogica di don Giussani.

Forse la cosa che ci ha commosso di più in quei giorni è stato vedere l’amicizia della gente di CL dell’America. A volte ci fermavamo a osservare le persone nella hall: era un continuo abbraccio tra amici uniti semplicemente dall’incontro con Cristo. Sembravano gli apostoli che si ritrovano dopo un lungo periodo di lontananza. Il fatto che siano sparsi lungo tutto il territorio statunitense e abbiano poche occasioni per vedersi non toglie l’intensità di cammino che fanno insieme. Anche noi abbiamo vissuto la stessa dinamica: a settembre, insieme ad altri due amici, siamo andate in Kansas, in occasione della prima CLU Conference degli Stati Uniti, dove siamo state mandate da don Francesco Ferrari, come segno di amicizia dall’Italia. Da allora, possiamo dire di avere amici a ottomila chilometri di distanza, con cui sperimentiamo un’unità, che non è creata da noi, eppure è sempre presente. Com’è possibile? Ci siamo resi conto che solo Cristo abbatte il tempo e lo spazio. Ed è stata proprio questa amicizia con Joseph, Jaida, Madeline, Grace (per citarne solo alcuni), a spingerci ad andare a New York, con il desiderio di rincontrarci.

Davvero il New York Encounter è una luce che si accende dove forse nessuno sembra accorgersene. Eppure c’è! E testimonia come il titolo scelto per quest’anno, “Tearing Open the Sleeping Soul” (Spalancando l’anima addormentata), è qualcosa che accade oggi, concretamente. La nostra “anima addormentata” si squarcia, senza disperazione, davanti alla promessa di una vita molto più grande di quella che ci possiamo immaginare: una passione così per il mondo si traduce in un tentativo di apertura e di giudizio sulla realtà. Attraverso la filosofia, con la mostra su Simone Weil; scoprendo la musica, nelle tante iniziative (dal concerto di apertura al Song Contest) e nella mostra sul cantante Leonard Cohen; dalla scienza, nel confronto con la sfida radicale dell’AI; alla politica e alla guerra, con l’esposizione sull’Armenia e tanti incontri: dalla povertà nel mondo, fino a quello, affollatissimo, sul conflitto israelo-palestinese, culminato nell’intervista al cardinale Pizzaballa. E solo per elencarne alcuni…

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Il New York Encounter ha innescato in noi, ancora più forte, il desiderio di vivere, amare, giudicare tutto alla luce dell’incontro fatto, per scoprire sempre più chi siamo, cioè di Chi siamo.
Beatrice e Maria, Milano